La storia di Teresa Scavelli è di quelle tragiche. Terry, come la conoscevano tutti, era una 46enne baby sitter amorevole che ha perso la vita durante il lavoro, per difendere due bimbe che accudiva e per cui era diventata come una sorta di seconda mamma. Lo scorso 2 settembre, in quel di San Gallo, in Svizzera, aveva cercato di opporsi ad un 22enne di nome Steve, un ragazzo con problemi psichici ma anche abusante alcol e droga, che si era intrufolato in casa per seguire le bambine. Nulla ha potuto contro la forza dell’aggressore, che ha colpito più volte a morte con una padella Teressa Scavelli, prima di venire ucciso dalla polizia a colpi di pistola. Una storia drammatica, riportata nelle scorse ore dal Corriere della Sera, e di cui ne parla per la prima volta a distanza di quasi un anno, il figlio 32enne Giuseppe. La descrive con le parole «mamma magnifica», che aveva un’«allegria travolgente», e che si dava «da fare per tutti e sempre».



Una donna che è stata premiata durante la Festa della Repubblica dal presidente Mattarella: «Lo Stato italiano ha voluto premiarla con la Gran croce alla memoria. A differenza della Svizzera che non ci ha mai fatto sentire la sua vicinanza, nessun calore, mai una parola per onorare la sua memoria. E sì che il suo è stato un gesto eroico, ha messo la vita delle bambine davanti alla sua. Mamma era così e questo è il suo più grande insegnamento: la propensione assoluta verso gli altri». Giuseppe prosegue nel suo racconto: «Mamma era in Svizzera da quattro anni perché qui guadagnava troppo poco. Ho avuto la fortuna di andare a trovarla proprio due settimane prima che fosse uccisa. Ricordo che era una giornata luminosa, che siamo andati a fare una gita al lago, a Ginevra, che abbiamo passeggiato, chiacchierato, preso un gelato. Cose normali, che però ora mi sembrano straordinarie ogni volta che guardo la nostra ultima fotografia proprio lì, sul lago».



TERESA SCAVELLI: “APPENA CHIUDERANNO LE INDAGINI FAREMO I NOSTRI PASSI”

Nel frattempo proseguono le indagini, anche se al momento non sembrano esservi rilevanti novità. «Appena chiuderanno le indagini faremo i nostri passi», spiega Giuseppe, che palesa un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo ed un’eventuale azione legale contro la famiglia dell’assassino, con l’obiettivo di capire se lo Stato svizzero abbia fatto di tutto per difendere Teresa. «Se lui aveva dei problemi psichiatrici perché nessuno si è preoccupato di renderlo inoffensivo? – si domanda ancora Giuseppe, domande più che lecite – ogni tanto mi chiedo: perché proprio lei? E provo a costruire un finale diverso fatto con i “se”: se non fosse scesa per strada, se non avesse reagito, se lui fosse stato curato, se… È tutto inutile. Lei non c’è e mi manca molto. Queste sono le sole certezze di questa storia».

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