Un po’ di serietà all’ombra del Vesuvio mancava da un po’. Dopo i masanielli, le punzecchiature e le battutacce reciproche tra esponenti istituzionali ci voleva un minimo di aplomb. E pare sia arrivato. Gran cerimoniere Gaetano Manfredi, che ospita la premier Meloni al cospetto di Fitto e De Luca. L’occasione è la firma, pare definitiva, su un protocollo da 1,2 miliardi che andranno tutti su Bagnoli. Finalmente. Che sia la volta buona è tutto da scoprire, visto che gli annunci risalgono almeno al governo Renzi e al governo Conte, passando attraverso la rimodulazione dei fondi fatta da Draghi. Ma stavolta sembra chiaro che, almeno sul piano delle scelte strategiche, si sia arrivati a un compromesso che appare accettabile.
La bonifica dell’area verrà fatta in maniera intelligente e senza radicalismi impossibili da attuare. Il nuovo piano dei lavori prevede una bonifica che lascerà metà della colmata inerte lì dove si trova e consentirà un’operazione di riqualificazione urbanistica ed infrastrutturale tale da riportare finalmente la città all’interno di Bagnoli.
Sembra una cosa seria e sembra che le facce di tutti i protagonisti si siano adeguate al nuovo clima. Forse ha inciso anche la consapevolezza che il continuo rinfacciarsi in maniera aggressiva le cose tra sorrisetti e frasi sferzanti non è produttivo. La situazione, in generale del Paese e dell’Europa, non è semplice ed il contesto internazionale è estremamente serio. Se le istituzioni non aprono un percorso di ricostruzione di un clima di fiducia e di collaborazione, è impossibile ottenere risultati tangibili di medio e lungo termine.
Nessuno degli attuali protagonisti, infatti, vedrà l’esito delle sue decisioni ricoprendo l’incarico che oggi ha. Il crono-programma prevede almeno 6-7 anni di intensi lavori, il che presuppone, secondo le logiche dei cicli politici, che ognuno di loro starà facendo altro quando Bagnoli finalmente sarà completata. Questo vuol dire anche accettare l’idea che le scelte e le decisioni strategiche devono essere prese nell’interesse della comunità ed in maniera coordinata, senza ricercare l’immediata conferma al proprio consenso per ogni decisione assunta.
Anche la discussione degli ultimi mesi sui fondi di coesione, portata avanti dal ministro Fitto e dal governatore De Luca, appare del tutto irrilevante alla luce del risultato conseguito. Che siano soldi del Governo o soldi della Regione, sono sicuramente soldi di tutti gli italiani. Quindi vanno investiti ed impiegati seguendo logiche che non possono più essere piegate al tornaconto del singolo politico che mette la firma.
In questo bisogna dare atto al sindaco Manfredi di aver avuto un ruolo fondamentale nel mettere assieme le diverse personalità ed aver accettato con silenziosa fattività le tante provocazioni ed i tanti momenti di tensione, spesso costruiti ad arte per creare conflittualità tra istituzioni o meglio tra i singoli rappresentanti di quelle istituzioni. Sempre più Manfredi si rivela essere stato un ottimo sindaco per aver avuto la capacità di sbloccare e portare avanti le tante cose che il suo predecessore de Magistris aveva sacrificato sull’altare del proprio ego.
Nel giro di pochi anni, meno di tre, la città ha cambiato volto, rendendo fruibili infrastrutture primarie come la nuova linea della metropolitana, la nuova biglietteria nel porto, il rifacimento di tante strade e soprattutto l’aver concluso con il Governo un accordo fondamentale come il Patto per Napoli. Tutte cose impossibili quando alla guida si è posto chi ha interpretato il ruolo di sindaco come meccanismo di affermazione della propria personalità e non come un’attività di puro servizio per tutta la comunità cittadina.
Ad oggi il metodo della concertazione tra le istituzioni mostra un’efficacia nettamente superiore al meccanismo della contrapposizione e della ricerca di un consenso radicale e tendente all’assoluto. Il perché è di facile comprensione. L’esperienza dei sindaci insegna che i meccanismi decisionali vanno governati ed indirizzati e che gli obiettivi si possono raggiungere solo attraverso un’opera di coinvolgimento di tutti gli attori della comunità e delle istituzioni che il primo cittadino può identificare e rappresentare con maggiore efficacia. Senza per questo doversi ergere ad una sorta di capopopolo che guida la massa verso obiettivi del tutto privi di concretezza.
Non bisogna mai dimenticare che il precedente sindaco aveva proposto, tra le varie cose, di battere moneta propria, di predisporre una flotta autonoma per salvare i migranti, di evitare che le società partecipate pubbliche avessero un obiettivo di economicità, proponendo un modello partecipativo privo di ogni risultato. Questa nuova stagione può essere effettivamente una svolta se si considera che con questo atteggiamento di grande pragmatismo il sindaco Manfredi ha scalato tutte le classifiche, divenendo uno dei più apprezzati in Italia pur governando una città complessa e difficile come Napoli. E lo ha fatto senza battute salaci, iperboliche rappresentazioni degli avversari, annunci roboanti ed atteggiamenti arroganti. Mostrando che, quando il gioco si fa duro, un atteggiamento di grande solidità e concretezza è il miglior viatico per ottenere risultati e far crescere la propria comunità. Un atteggiamento solido che sicuramente contrasta con gli eccessi verbali e le uscite poco garbate che gli altri attori di questo momento, molto importante per la rinascita della città, hanno mostrato nelle ultime settimane.
Se poi Manfredi riuscisse a proporsi come presidente della Regione ottenendo il consenso necessario da parte dei cittadini, dimostrerebbe che c’è ancora uno spazio in politica per la capacità di governo e che gli elettori, anche se non tirati per la giacca o rabboniti con siparietti comici, danno il proprio supporto a chi è capace di capitalizzarlo.
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