Salvatore Baiardo andrebbe arrestato per le sue calunnie. Avrebbe mentito quando ha raccontato ai magistrati di Firenze di non aver mai mostrato a Massimo Giletti una foto di Giuseppe Graviano con Silvio Berlusconi. Ma avrebbe mentito anche quando ha accusato il sindaco di un piccolo comune del Verbano di aver custodito somme della mafia. Lo avrebbe fatto per favorire la mafia, in particolare l’amico Graviano, con cui continuerebbe ad avere contatti, visto che sa cose che non dovrebbe sapere, e ciò nonostante il regime del 41 bis a cui è sottoposto il boss. Lo rivela Repubblica, riportando la decisione del tribunale del riesame, che ha disposto gli arresti domiciliari per il tuttofare dei Graviano, accusato di calunnia nei confronti del giornalista, anche se il provvedimento resta sospeso fino al vaglio della Cassazione.



Dunque, è stato accolto il ricorso della procura riguardo le accuse di calunnia, invece quella di favoreggiamento a Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri non è stata ritenuta sufficientemente provata. Nelle 28 pagine, firmate dal giudice Alessandro Moneti con la presidente Grazia Aloisio, si legge che Baiardo è «un pluripregiudicato, con precedenti per calunnia, truffa, ricettazione ed altri reati pur oggi depenalizzati. Non solo: le calunnie che concernono questo procedimento risultano poste in essere su tematiche di estrema delicatezza inerenti la storia del nostro Paese, con assoluto disinteresse sia per le persone offese che per fatti che hanno condotto indicibili sofferenze umane e messo a dura prova la tenuta dell’ordinamento democratico».



BAIARDO E LA CHIUSURA DEL PROGRAMMA DI GILETTI

Al centro dell’indagine c’è anche la famosa foto che ritrarrebbe Graviano con Berlusconi, di cui Baiardo avrebbe parlato a Giletti. Il fatto che il conduttore lo abbia remunerato per le interviste «può costituire una ragione di avvelenamento della genuinità delle dichiarazioni». In ogni caso, per i giudici è vero che la foto potrebbe anche non esistere, non c’è la prova che ci sia. «Ma sicuramente gli è stata fatta vedere: potrebbe essere un fotomontaggio o addirittura essere stata male osservata dal giornalista, per problemi di luce (l’ambiente in cui venne mostrata non era ben illuminato), od essersi egli sbagliato in ragione del breve tempo in cui gli venne mostrata, magari ingannato da tratti somatici simili a quelli delle persone che ha dichiarato di avere riconosciuto». Secondo i giudici, proprio quella foto potrebbe essere il motivo della chiusura di Non è l’Arena di Massimo Giletti su La7. Come riportato da Repubblica, per i magistrati c’è una «elevata probabilità che la trattazione di questo tema da parte di Giletti gli sia costato la chiusura della trasmissione da parte di Umberto Cairo, persona in passato legata a Silvio Berlusconi».



Il tribunale del riesame, infatti, aggiunge che «non sono emersi ragionevoli altri motivi per la chiusura della trasmissione, né le indagini hanno fatto emergere una audience bassa in relazione ai programmi similari ed alla fascia oraria di messa in onda». Viene anche segnalata la «repentinità della decisione, maturata proprio quando veniva sviluppata l’inchiesta sui contatti Graviano-Berlusconi dei primi anni Novanta». Ma questa decisione, che viene giudicata «certamente allarmante sul piano della libertà d’informazione e della tutela del giornalismo d’inchiesta», per i giudici «non avvalora di per sé la fondatezza di una vicenda tremenda per la storia della Repubblica Italiana, quanto il timore di mandare avanti un’inchiesta scomoda». Infine, sulla figura di Baiardo, questi «dice e non dice, afferma e poi nega, gioca con le parole, un soggetto che ha dimostrato di sapere molte cose e che nel contempo non è attendibile».