A Bakhmut i russi dicono di avere il controllo del 40 per cento della città, gli ucraini invece sostengono che la resistenza continua e che intendono difenderla fino all’ultimo uomo. In quella che è diventata la località simbolo di questa fase dei combattimenti, però, non si deciderà sicuramente il conflitto.
E il problema non è neanche la fornitura di armi all’Ucraina, ma la probabile futura carenza di combattenti addestrati da parte ucraina che portino avanti le operazioni difensive sui fronti aperti.
L’analisi è di Giuseppe Morabito, Generale con al suo attivo diverse missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation.
Generale, come prosegue la battaglia di Bakhmut e quali sono le strategie sui due opposti fronti?
In questi giorni alcune fonti hanno riportato la notizia che i comandanti ucraini hanno suggerito a Zelensky di ritirarsi da Bakhmut per riorganizzare le difese su altre posizioni forti. Mi ricorda la resa dei difensori delle acciaierie Azovstal all’inizio del conflitto. Ci sono delle similitudini: allora combattenti asserragliati nelle acciaierie, qui nel centro città, c’erano dei civili bloccati nella fabbrica e qui civili bloccati nelle abitazioni nel centro abitato.
E come si spiega questa riedizione di quello scontro?
La mia visione è che il presidente Zelensky veda la cessione di questa cittadina come un’altra Azovstal, come uno smacco sia militare sia comunicativo verso il suo popolo. La propaganda russa ha sfruttato la vicenda delle acciaierie: le immagini della resa, i militari del battaglione Azov catturati e imprigionati. Cedere Bakhmut, tentare di concordare con i russi un’uscita dignitosa delle forze e dei civili poteva essere una soluzione. Infatti, i comandanti ucraini sul fronte, che non sono sprovveduti, chiedevano di salvare/preservare le forze residue per spostare la linea difensiva più a Est. Parrebbe invece che gli ordini da Kiev siano di non farlo, di resistere fino all’ultimo soldato ucraino disponibile nella città. Questa è la realtà: i russi, purtroppo, e sottolineo purtroppo, stanno avanzando.
Ieri però alcune fonti hanno riportato un appello del comandante della Wagner secondo il quale i russi tardavano a inviare munizioni: perché?
Preferisco guardare ai fatti, non alla propaganda. E i fatti sono che la città è circondata e i russi continuano ad avanzare. Il fuoco di artiglieria continua ad essere incessante. I russi utilizzano anche armi convenzionali di tipo moderno, come la superbomba Upab-1500B per distruggere le aree fortificate e obiettivi altamente protetti.
Alla fine, Bakhmut perché viene difesa così? È ormai diventata una città simbolo oppure dal punto di vista strategico è particolarmente importante?
Torno al parallelo con Mariupol e le acciaierie Azovstal: è stata fatta diventare un simbolo della resistenza attuale dell’Ucraina all’invasione russa.
Anche se Kiev perdesse Bakhmut, non per questo avrebbe perso la guerra.
No, infatti. Il conflitto non si perde e non finirebbe a Bakhmut, i russi non avrebbero fatto un passo definitivo se ne prendessero il controllo. La cittadina, distrutta quasi completamente, è diventata un caposaldo strategico dal punto di vista della propaganda, per questo a Mosca la vogliono conquistare.
Per come sono messe le cose in questo momento i russi potrebbero riuscire a conquistarla.
Purtroppo, sembra che i russi continuino ad avanzare, non si vede come possano fare gli ucraini a resistere o riprendere il controllo di quanto perso. Certo, tutto è possibile, però, appunto, non bisogna credere alla propaganda di entrambi i contendenti ma attenersi ai fatti.
Se dovesse cadere Bakhmut gli ucraini si attesteranno su un’ulteriore linea difensiva?
Ogni fiume, ogni città può essere il caposaldo su cui imperniare un’altra linea difensiva e resistere all’avanzata russa. Ecco perché i generali ucraini, a quanto sembra, volevano lasciare la città. Nella logica militare se si lascia un caposaldo è perché si è già deciso dove andare a ri-schierarsi organizzando una nuova linea difensiva. Se lascio una posizione scomoda o quasi indifendibile ho già pensato alla mossa successiva, riesco a salvare parte della mia capacità operativa e la posso reimpiegare.
La Cina Popolare intanto avverte gli Usa di non proseguire su questa strada perché potrebbe portare ad altri conflitti, mentre i russi dicono che gli americani fanno di tutto per continuare la guerra.
La realtà è che gli Stati Uniti sono il primo fornitore di armi all’Ucraina, supportano in modo consistente e convinto gli ucraini e danno quindi loro la possibilità di difendersi. Quando a Pechino dicono che di questo passo si va allo scontro, siamo, anche qui, alla propaganda: non per niente in questi giorni hanno ricominciato a parlare della possibile aggressione alla democratica Repubblica di Cina Taiwan, è tutto collegato in questo scenario strategico. Una dichiarazione importante è quella di Washington secondo la quale se la Cina Popolare decidesse di aiutare militarmente i russi ci sarebbero conseguenze. È una mossa diplomatico-strategica importante.
Si è tornati a parlare anche degli F16, gli americani non li forniranno ma ci sarebbero un paio di piloti ucraini in Arizona per imparare a utilizzarli o almeno per valutare se possono farlo. E ad essi ne seguirebbero altri dieci.
Va benissimo. Forse tra sei mesi potrebbero essere idonei a pilotare e, si spera, a combattere. Poi bisognerà portare gli F16 in zona di operazioni e bisognerà vedere se ce ne saranno in numero sufficiente per cambiare le sorti della guerra o si è trattato di una mossa propagandistica.
Addirittura si ipotizza che, in caso di fornitura di F16, questi vengano pilotati da mercenari che hanno già esperienza di volo su questo tipo di aerei
Se scegli un “mercenario” vuol dire che hai selezionato un pilota che non è più in servizio per il suo Paese. Se selezioni un pilota della Nato (di un Paese dell’Alleanza) e se il suo F16 viene abbattuto e il pilota identificato, diventa evidente che sei coinvolto nella guerra. In sintesi, anche i mercenari possono essere un grosso problema. Se si fa la scelta di un pilota che ha smesso di pilotare ci sarà una motivazione del perché lo ha fatto: o è in età critica oppure ha avuto dei problemi quando era in servizio attivo. Lo si deve, comunque, riaddestrare e, nel tempo, riqualificare. Non è immediato ed è quanto meno difficile, complicato. Bisogna vedere comunque quanti sono i piloti ucraini previsti nel piano. Se siamo nell’ordine di dieci non cambiano le sorti della guerra. Poi bisogna vedere se sono idonei.
Nella sostanza sul campo di battaglia come sta andando adesso in Ucraina?
Ci sono grossi scontri di artiglieria su tutto il fronte con piccoli avanzamenti dei russi. Bakhmut è lo sforzo principale dei russi e lo sforzo principale degli ucraini che si difendono caparbiamente. Secondo il Financial Times, che cita un funzionario occidentale che è voluto rimanere anonimo, atteso che gli ucraini subiscono perdite quotidianamente, sarebbe realistico pensare che Mosca conti sul fatto che le risorse umane ucraine si prosciughino prima di quelle russe. Il “tasso di cambio” delle vite è, purtroppo, oggi a favore russo.
Comunque, non sarà una battaglia decisiva?
No, ripeto, il conflitto tra russi e ucraini non si decide a Bakhmut.
E dove si decide?
Bisogna vedere in quanto tempo gli ucraini finiranno la loro capacità operativa in termini di uomini. Puoi rifornirli di mezzi, di armi, ma non puoi rifornirli di risorse umane, questo è il problema e anche qualche centinaio di mercenari antirussi non sarebbero sufficienti. Come detto, in alcune aree di combattimento sembrerebbe che ci siano più perdite ucraine che russe. Se è così diminuirà nel tempo la capacità operativa degli ucraini. Anche se saranno loro fornite le armi chieste. La coalizione occidentale ha fatto sapere chiaramente e più volte che non intende inviare gli uomini (combattenti), perché sarebbe un coinvolgimento ancora più diretto nel conflitto, cosa che cambierebbe tutto lo scenario probabilmente in modo tragico data la “linea rossa” da non superare indicata nelle minacce di Mosca.
(Paolo Rossetti)
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