Una foto ha scioccato adulti, insegnanti e, speriamo, pochi bambini che abbiano potuto vederla. Era quella di una insegnante “bardata” con la tuta protettiva, gli occhialini, la mascherina che usano medici e infermieri dei reparti di terapia intensiva per i pazienti di Covid. La foto voleva mostrare, malamente, il modo in cui ragazzi e bambini saranno ricevuti a scuola il prossimo 14 settembre in questo tempo di pandemia. “Non succederà così, fortunatamente, e posso assicurarlo – afferma in questa intervista la professoressa Flavia Ferrazzoli, psicologa e psicoterapeuta familiare -. Maestre e insegnanti si stanno preparando ad accogliere i bambini e i ragazzi là dove si erano lasciati sei mesi fa. Ed è proprio questa la parola chiave da usare: accoglienza”. Accoglienza che, ci spiega, gli insegnanti devono riservare anche ai genitori, che probabilmente sono i più preoccupati di tutti: “Siamo spaventati più noi adulti, ma se riusciamo a stare in un atteggiamento di presenza, i bambini ci seguono, ci stupiscono e ci danno suggerimenti su come comportarci”.



Come va gestito il ritorno a scuola dopo un’assenza così prolungata? In alcune scuole i bambini incontreranno insegnanti bardate in tute protettive come quelle utilizzate da medici o soccorritori. Possono provocare traumi nei bambini?

Ho visto quella foto di cui parla, ma non credo proprio che nella maggior parte delle scuole gli insegnanti si presenteranno così. I maestri e i docenti sono tutti pronti all’accoglienza. Questa è la parola chiave: accoglienza. Molti insegnanti stanno seguendo corsi di formazione per capire come accogliere i ragazzi, facendo incontri con psicologi, per capire cosa proporre ai ragazzi.



Come va ricostruito questo rapporto con i bambini?

E’ importante che siano sereni loro, in un momento in cui un’altra parola chiave è flessibilità. Bisogna far capire al bambino che la sensibilità e l’incertezza non sono necessariamente qualcosa di pericoloso. Questo vale anche per gli adolescenti.

Ci può spiegare meglio come è possibile reagire allo stato di flessibilità in cui ci troviamo?

Dimostrando che non ci sono tanti cambiamenti, che la vita va avanti, che la scuola riapre. In qualche modo, in questi sei mesi, i bambini sono comunque andati avanti, molti ragazzi sono riusciti a fare le vacanze, la vita è ripresa abbastanza serenamente, anche se restano ancora tanti problemi, come la mancanza di lavoro. Sono gli adulti che devono cercare di proteggere i ragazzi, dando loro serenità e più che altro una speranza. Ma non vanno raccontate bugie ai ragazzi, questo sarebbe scorretto.



A causa dell’emergenza Covid molte classi saranno divise rispetto all’anno scorso. Come va gestita la lezione in classe?

Molti faranno lezione in presenza e metà online alternandosi. Gli insegnanti devono ripartire da dove si sono lasciati, chiedendo loro come stanno, come è andata in questi mesi. Insomma, devono usare gli strumenti di un docente, non devono fare gli psicologi.

I bambini che erano amici e si troveranno divisi come reagiranno?

Dipende da come l’adulto gestisce questa situazione. Se riesce a far capire al bambino che ci sono altri spazi in cui mantenere la continuità dei rapporti, i bambini hanno una capacità recettiva enorme. Purtroppo o per fortuna dobbiamo collaborare tutti: se i ragazzi si fidano, si affidano.

E gli insegnanti? Ritiene siano preparati a questa sfida?

Sto facendo in questi giorni un corso di formazione che si intitola proprio “L’accoglienza a scuola nel post emergenza”. All’inizio gli insegnanti erano spaventati, poi si sono messi in gioco, hanno scoperto di avere tante risorse e tanta creatività, individuando i punti per poter riuscire e sintonizzandosi su quelli che sono i loro alunni.

Alla fine forse i più spaventati sono i genitori, è così?

Verissimo. Quando prima accennavo all’accoglienza intendevo dire che deve essere proposta a 360 gradi. Gli insegnanti devono accogliere anche le famiglie. La buona accoglienza si vede nei gesti, nelle espressioni. Molti insegnanti, durante le lezioni a distanza online, erano preoccupati di non poter abbracciare i propri bambini, eppure sono proprio i bambini a dare dei suggerimenti. In una terapia online a un bambino ho detto quanto volessi abbracciarlo e lui mi ha risposto: non ti preoccupare lo faccio io per te. E si è stretto fra le sue braccia, in un gesto tenerissimo. Siamo spaventati più noi adulti, ma se riusciamo a stare in un atteggiamento di presenza, i bambini ci seguono, ci stupiscono, ci danno suggerimenti su come comportarci.

(Paolo Vites)

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