Mentre il nostro Paese è entrato nella Fase 3 dell’emergenza Coronavirus e, anche se le drammatiche scene a cui si è assistito nelle scorse settimane non sono ancora completamente alle spalle, una buona notizia arriva dalla scienza in merito alla pandemia: nonostante l’elevato numero di contagi in tutto il mondo e il dato delle vittime che anche in Europa viene costantemente aggiornato, uno studio condotto di recente dall’Associazione Francese di Pediatria Ambulatoriale e reso noto anche da “Le Monde” ha confermato che i bambini rappresentano fino ad ora la fascia d’età meno contagiata dal Covid-19, ma non solo. Pare che tra i più piccoli la trasmissione del virus non sia frequente e che nei casi in cui un bimbo sia risultato positivo al Coronavirus è fortemente probabile che il contagio sia avvenuto attraverso un adulto: dallo studio dell’Associazione e anche da un rapporto formulato da Santè Publique France si evince inoltre che i casi pediatrici di Covid-19 sarebbe compresi in tutto il pianeta in un range percentuale che oscilla tra solo l’1% e il 5% del totale.



BAMBINI MENO INFETTATI DAL COVID-19 E ANCHE MENO “CONTAGIANTI”

Lo studio francese di cui sopra, pubblicato lo scorso 4 giugno sul sito web di MedRxiv e pare in fase di pre-pubblicazione, insomma fa finalmente luce su quale sia stato il reale impatto della pandemia su bambini e adolescenti, considerati dunque non solo maggiormente protetti dalla SARS-CoV-2 ma pure “meno contagianti” rispetto agli adulti. Ad esempio nella regione transalpina dell’Ile-de-France, una delle maggiormente colpite dall’epidemia nell’Esagono, su 605 pazienti di età inferiore ai 15 anni si è notato che oltre il 53% (ovvero 322) erano asintomatici mentre i restanti 283 presentavano solamente sintomi leggeri quali la classica febbre, tosse, diarrea e perdita del gusto; a loro volta tra gli asintomatici il 37% aveva già avuto alcuni sintomi nelle settimane precedenti. Sul totale dei 605 solo 11 (cioè l’1,8%) sono risultati positivi al test PCR mentre se si parla di test sierologici il dato sale al 10,7% (65 bambini). Per quegli 11 l’infezione è stata dovuta sicuramente a un contatto con una persona infetta, mentre gli altri 65 si può ipotizzare un contatto sospetto con alcuni dei membri adulti della propria famiglia: dunque sono loro semmai a trasmettere il virus ai figli e non viceversa, aspetto che se confermato aiuterebbe molto nella tempistica per la riapertura effettiva delle scuole in tutta Europa, aspetto su cui tocca essere cauti dal momento che secondo un’altra indagine il contagio in ambiente scolastico è maggiore nella fascia d’età relativa all’adolescenza.



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