“Un bambino non vaccinato è meno a rischio di un settantenne vaccinato”. Il titolo di un articolo pubblicato su The Atlantic dall’economista Emily Oster a marzo scorso aveva scatenato non poche polemiche. Gli esperti la avevano accusata di fare disinformazione anti-vaccinazione, in quanto anche i più piccoli potevano infettarsi e correre dei rischi. Gli studi su Covid-19 ed età recentemente portati avanti, tuttavia, rivelano che quella affermazione non era poi così errata.



Il New York Times ha messo insieme, in tal senso, una serie di dati sull’argomento raccolti in diversi Paesi del mondo. Tutti confermano che i rischi che un bambino può correre se contrae il virus sono in genere molto bassi. “Il Covid-19 è una minaccia per i più piccoli, ma non una straordinaria. È un pericolo molto ordinario. In generale, i rischi di essere infettati sono simili agli altri virus respiratori a cui probabilmente non si pensa molto”, ha riassunto il dottor Alasdair Munro, specialista in malattie infettive pediatriche presso l’Università di Southampton.



“Bambino non vaccinato meno a rischio di 70enne vaccinato”. I dati

Per comprendere che un bambino non vaccinato è meno a rischio di un settantenne vaccinato è sufficiente osservare i dati. Un primo studio si basa sullo stato di Washington. Dai tassi di ospedalizzazione emerge che i pericoli sono simili tra i piccoli non immunizzati e i cinquantenni immuni. Le statistiche provenienti dall’Inghilterra sono ancora più nette. I bambini al di sotto dei 12 anni sembrano essere meno esposti a sintomi rilevanti rispetto alle persone vaccinate di 40 anni, se non addirittura ai 30.



Gli studi in questione tengono dunque vivo il dibattito in merito alla necessità di somministrare le dosi del vaccino contro il Covid-19 ai più piccoli. La popolazione è finora parecchio divisa sull’argomento. I sieri, ad ogni modo, finora sono approvati soltanto per coloro che hanno almeno 12 anni, per cui i bambini dovranno ulteriormente attendere.