Ignazio Visco – che ieri ha letto le sue dodicesime e ultime Considerazioni Finali – quasi certamente il prossimo autunno “andrà in pensione”. Non è stato così per nessuno dei suoi predecessori nell’Italia repubblicana, salvo Donato Menichella. Luigi Einaudi diventò primo presidente della Repubblica e al Quirinale approdò mezzo secolo dopo anche Carlo Azeglio Ciampi. Il più personaggio – fra i numeri uno susseguitisi di via Nazionale – resta certamente Guido Carli: che da Bankitalia passò al vertice di Confindustria e poi al ministero del Tesoro. Due governatori – Paolo Baffi e Antonio Fazio – lasciarono bruscamente l’incarico: il primo inseguito da un attacco politico mascherato da inchiesta giudiziaria, il secondo indagato, processato e (in parte) condannato per vicende bancarie su cui le crisi finanziarie successive hanno nettamente cambiato il giudizio storico.



Dopo di lui, a palazzo Koch venne Mario Draghi: un altro “super Governatore” (poi Presidente della Bce e Premier). L’ultimo che – quando apriva bocca il 31 maggio – sapeva che avrebbe avuto i titoli d’apertura di tutti i quotidiani il giorno dopo: continuando nella tradizione che vedeva nel Governatore una sorta di “contropotere” rispetto alla politica, censore e suggeritore poco inappellabile riguardo la politica economica del Paese. Un “pilota automatico” amava scherzare Carli.



Le Considerazioni finali 2023 – come quelle degli anni scorsi – non hanno avuto lo stesso risalto. E la responsabilità non è certo di Visco: il quale – anche ieri – ha confermato il suo profilo di economista-tecnocrate di livello internazionale. Un “capo ufficio studi” (lo è stato fra l’altro all’Ocse) credibile e non ignorabile: ma per primo attento al proprio ruolo. Il potere di un Governatore nazionale nell’Eurozona è molto diminuito da quando le decisioni di politica monetaria vengono prese a Francoforte e quelle di politica fiscale a Bruxelles. Però fra gli osservatori delle cose economiche nel Paese e dal Paese la Banca d’Italia mantiene un suo primato. E le riflessioni puntuali di Visco, ieri, hanno avuto valore, proprio perché  equilibrate: al di là di quelli che saranno gli accenti posti dai singoli media, è difficile catalogare le indicazioni “a favore” o “contro” il Governo e la maggioranza uscita vincitrice dal voto.



La “promozione” dei traguardi di crescita tagliati dall’Azienda-Paese (nel 2022 migliori che in altri Paesi Ue) è in parte un omaggio all’azione di Draghi a palazzo Chigi. Ma così come per l’agenda” che l’anno scorso fu intestata al Premier-banchiere uscente non sembra facile contestare l’onestà intellettuale di Visco: anzitutto quando ha ridato massima priorità all’esigenza di realizzare il Pnrr senza se e senza ma. E non è affatto detto che la Premier Giorgia Meloni non possa aver tacitamente apprezzato la sollecitazione. Non vi possono essere dubbi che una fase “post-bellica” ormai lunga e sempre più complessa necessiti di sforzi straordinari: soprattutto per rilanciare la leva keynesiana degli investimenti. Vi può essere spazio per aggiustamenti opzionali sulle scelte (ma i tempi sono strettissimi), ma non sull’adesione a una strategia europea che l’Italia ha fortemente voluto (Mes evidentemente compreso).

Le Considerazioni sono state oneste – da manuale di economia – quando hanno ribadito che l’inflazione è un fenomeno globale complesso, che non può essere affrontato da un singolo Paese e neppure da una singola macro-area coma l’Ue. Le radici sono nella nuova confrontation geopolitica, già in nuce nei due anni di pandemia. Servono sforzi “corali”: certamente non solo da parte dei banchieri centrali (Visco è uno dei 20 decisiori del consiglione Bce), né da solo parte delle imprese, quasi tutte vittime ma alcune anche beneficiarie dei terremoti sui listini prezzi, principalmente a causa dei rincari energetici.

Più locale e ai limiti della “politica” la lancia spezzata a favore del salario minimo: che il Governo al momento tiene fuori dalla sua agenda. Visco non ha avuto timori di citare le diseguaglianze sociali: ma a parlare è stato ancora una volta l’economista internazionale di lungo corso. Quello per il quale la stabilità sociale ha un forte valore economico: e non può tollerare livelli salariali “di mercato” ma incapaci di garantire standard di vita degna a milioni di cittadini-lavoratori. Non da ultimo: il rilancio di Bankitalia sul salario minimo segue l’archiviazione del Reddito di cittadinanza, una misura negli intenti perequativa ma nei fatti assistenzialistica, poco efficace nello stimolo all’occupazione e poco efficiente nelle modalità applicative.

Non da ultimo, nel congedo di Visco non è mancato un classico sassolino tolto dalla scarpa: l’annotazione che il sistema bancario italiano è rimasto completamente immune dai rischi di corsa agli sportelli che hanno affondato un gigante come il Credit Suisse e steso a raffica una serie di banche regionali statunitensi. Per un Governatore che al passaggio della riconferma, sei anni fa, era stato messo nel mirino della magistratura per ipotesi di cattiva vigilanza, la riconsegna delle chiavi al successore istituzionale non poteva essere più orgogliosa.

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