Sono stati assolti con formula piena 9 tra dipendenti e dirigenti di Banca Etruria, indagati fino a quest’ultima svolta nel processo sul crac dell’istituto toscano, il filone sulla truffa dove c’erano ben 13 indagati a vario titolo: il tribunale di Arezzo ha stabilito che appunto 9 andassero assolti mentre in 4 hanno ricevuto condanne a 10 mesi di reclusione. Secondo quanto riportato dall’Ansa, sono stati assolti 5 dipendenti e 4 dirigenti perché “il fatto non sussiste” e “per non aver commesso il fatto”: non ha retto dunque l’accusa tutta costruita sul fatto che i 13 indagati avessero truffato i risparmiatori di Banca Etruria non informandoli sui vasti rischi delle subordinate emesse nel 2013, poi però azzerate dal Decreto Salva Banche del Governo Renzi. Proprio le fortissime polemiche contro l’esecutivo (in particolare sulla figura di Maria Elena Boschi, figlia di uno dei dirigenti facendo parte del Cda di Banca Etruria) avevano acceso l’opinione pubblica negli scorsi anni, con diverse proteste dei truffati che fino a queste ultime battute del processo avevano sperato in condanne decisamente maggiori. E invece, come denuncia La Verità con un articolo di Francesco Bonazzi, «Hanno più o meno fatto tutto da soli gli oltre 4.000 obbligazionisti che hanno comprato Bond subordinati dalla «loro» Popolare dell’ Etruria e hanno perso tutto, fino all’ ultimo centesimo». Il chiaro intento “ironico” del collega riporta tutte le recriminazioni dei truffati che dopo la sentenza del Tribunale di Arezzo si sentono “traditi” due volte.
IL CRAC DI BANCA ETRURIA
Il tutto infatti sarebbe avvenuto all’insaputa dei vertici della banca poi sciolta con una liquidazione “coatta” e affidata nella sua parte rimasta “sana” a Ubi Banca: gli indagati per bancarotta di Banca Etruria hanno visto con positività la sentenza di lunedì sul filone della truffa, ma di diverso avviso sono ovviamente i 4mila diretti interessati della compravendita di bond “killer”. A essere assolti sono stati gli imputati principali – i dirigenti Luca Scassellati, Federico Baiocchi Silvestri, Samuele Fedeli e Luigi Fantacchiotti – che dovevano rispondere di istigazione alla truffa e per i quali ad inizio processo il pm Iulia Maggiore aveva chiesto «condanne tra due anni e mezzo e tre perché, secondo l’ accusa, avevano pressato i direttori delle filiali per fargli vendere le obbligazioni subordinate senza guardare tanto ai profili di rischio dei clienti», riporta La Verità. Per gli indagati la speranza è che una simile sentenza poss arrivare anche sul filone principale di bancarotta fraudolenta e semplice (che ha appena superato un lunghissimo iter di udienze preliminari, ndr), ma il senso di “beffa” per i risparmiatori rimane eccome: secondo l’analisi di Bonazzi, è stato disatteso quando raccontato dallo stesso liquidatore di Banca Etruria – Giuseppe Santoni – durante le prime fasi processuali, quando aveva parlato di «un istituto usato dai suoi vertici come un bancomat per dare soldi a imprese amiche e a volte anche a sé stessi». Secondo i giudici però questo “bancomat” non sarebbe avvenuto sulle emissioni obbligazionarie, lasciando così risparmiatori con un pugno di mosche in mano.