E’ stato licenziato per giusta causa in quanto ci provava con le colleghe, continue avances. Questo quanto accaduto ad un dipendente di un’azienda che secondo i giudici non ha rispettato le proprie vittime con continue “attenzioni” definite sgradite, mettendo tra l’altro a disagio le stesse college e turbandole. “Le condotte inappropriate – si legge su ItaliaOggi in riferimento al condannato, riportando la decisione della Cassazione nell’ordinanza 31790/23 – risultano lesive della dignità e della sicurezza delle interessate oltre a essere contrarie al decoro e alla correttezza da mantenere per i rapporti nell’ambiente di lavoro”. E ancora: “Prima del recesso la società adotta un diffida nei confronti del dipendente, che tuttavia resta inadempiuta, per garantire la tranquillità oltre che la sicurezza delle lavoratrici: l’atto dell’azienda non esaurisce affatto il potere discrezionale del datore”.



L’uomo aveva quindi fatto ricorso contro il proprio licenziamento ma l’ultimo grado di giudizio ha messo la parola fine alla vicenda, confermando il suo allontanamento dalla precedenza azienda, con il licenziamento che è quindi diventato definitivo. L’imputato è un bancario che avrebbe “puntato” due colleghe con una serie di avances, e le stesse vittime sono state decisive le testimonianze delle interessate che hanno spiegato di aver provato fastidio, a volte anche paura, per le avances del collega, al punto di denunciarlo ai suoi superiori.



BANCARIO LICENZIATO PER AVANCE RIPETUTE ALLE COLLEGHE, LA CASSAZIONE: “LA DIFFIDA…”

La banca ha quindi dovuto diffidare il proprio dipendente non solo per aver violato le disposizioni aziendali ma anche per la necessità di adempiere gli obblighi di garanzia e protezione di salute e sicurezza delle dipendenti.

La Cassazione quindi precisa: “La diffida costituisce esercizio del potere direttivo, ma il lavoratore continua a fare i suoi comodi; è quindi l’inadempimento a far scattare il procedimento disciplinare per tutti i fatti lesivi verso le colleghe e l’utilizzo improprio dei mezzi di comunicazione aziendale; nella contestazione è compresa in modo legittimo la recidiva per una precedente sanzione di diversa natura. La giusta causa di licenziamento è clausola generale che va «concretizzata anche con fattori esterni relativi alla coscienza generale”.