Se la banca Lehman Brothers crollò per colpa della sottoscrizione dei cosiddetti swap, la Silicon Valley Bank (SVB) aveva già delle criticità da molto tempo.

La banca californiana, nota per le elargizioni generose, si era largamente indebitata presso altri istituti. Ma quali saranno le conseguenze sulle politiche monetarie delle banche centrali e in particolare sulla Fed e sulla BCE?



Banche americane fallite: dopo il cigno nero di lunedì chi resterà in piedi?

Anzitutto alcuni effetti collaterali del crollo delle tre banche americane nel giro di due giorni, si sono già potute misurare con il crollo di una delle più grandi banche svizzere, la Credit Swuisse, che quest’oggi ha recuperato il 40% dopo l’annuncio di un prestito da 50 miliardi.



In secondo luogo sono state registrate delle criticità sulla first republic Bank, una banca inglese che ha sede anche in America e anche in altri paesi del mondo. Sostanzialmente le banche che stanno soffrendo di più e che hanno avuto il maggior numero di perdite, sono quelle che hanno le filiali all’estero come l’Hsbc, Unicredit, Intesa Sanpaolo e Bank of England. Non solo, pare che una forte esposizione sia stata riscontratata anche da JP Morgan ed altre banche americane.

Se il cigno nero che è passato in un lunedì da dimenticare, sta lasciando spazio ai morti e ai feriti, col parziale recupero di qualche banca (come credit Swisse). Ma quando nei mercati finanziari transita Il cigno nero, è quasi impossibile non andarci a perdere. Quali potrebbero dunque essere le ripercussioni sulla BCE? La crisi di liquidità del sistema bancario necessita di un contrasto che possa evitare l’aumento dei tassi di interesse necessario in un periodo di inflazione come questo.



Banche americane fallite: se FED e BCE dovessero aumentare i tassi, chi soffrirà?

Va specificato che l’aumento dei tassi di interesse, costituisce un sistema di guadagno per le banche centrali, ma paradossalmente, in assenza di un’adeguata copertura, l’aumento dei tassi potrebbe tradursi in una contrazione delle sottoscrizioni dei contratti. Cosa significa questo? Significa molto banalmente che le banche sarebbero costrette ad affrontare il cigno nero aumentando i tassi senza avere la minima cognizione della contrazione della copertura dei contratti di liquidità che potrebbero avere dagli utenti.

Facciamo il caso dei mutui: da quando i tassi di interesse sono aumentati superando il 3%, il numero delle sottoscrizioni dei mutui è drasticamente calato. Conseguentemente anche gli introiti delle banche, stando ai livelli di quantitativi dovrebbero calare, ma l’aumento dei tassi di interesse compensa gli introiti. Quando però gli aumenti sono costanti, non è possibile calcolare le sottoscrizioni dei prestiti o dei mutui da parte degli utenti nonché determinare la loro reale capacità finanziaria. E quindi si innesca un meccanismo tossico che rischia di tradursi in una perdita sostanziale di liquidità.

Ad esempio politiche restrittive di fronte a un fallimento bancario hanno portato ad una grande recessione dopo il 2008. Ecco per quale motivo c’è chi spera che i tassi di interesse non vengano aumentati, anche se per Goldman Sachs il rialzo della Fed potrebbe avere una probabilità del 66%, e dal momento che gli Stati Uniti d’America sono i più colpiti dalla crisi bancaria, la probabilità che ciò avvenga anche in Europa è altissima.