L’estate è stagione tradizionalmente movimentata per la finanza italiana: talvolta principalmente per gossip ferragostani (proverbialmente attorno a Mediobanca), ma non di rado per l’annuncio di operazioni (la fusione fra Banca Intesa e SanpaoloImi, oggi il “campione” italiano, fu annunciata nell’agosto del 2006). Neppure il Covid ha fermato il risiko: l’Opa di Intesa Sanpaolo su Ubi è andata in porto a fine luglio 2020, mentre un anno dopo – l’estate scorsa – le Generali lanciarono l’Opa su Cattolica Assicurazioni.
Negli stessi giorni, nel luglio 2021, UniCredit comunicò l’apertura di colloqui con il Tesoro per una possibile aggregazione di Mps. L’autunno raffreddò il piano e oggi – ufficialmente – il Monte è tuttora alla ricerca di nuovi partner per adempiere agli impegni di riprivatizzazione assunti dallo Stato italiano con l’Ue. Sulla carta è in preparazione un aumento di capitale da almeno 2,5 miliardi e il nuovo Ceo Luigi Lovaglio è fiducioso. Eppure il Monte sembra rimanere un dossier “sommerso” – forse il più importante – di un risiko al momento congelato: in attesa che si diradino almeno in parte tutte le incertezze di scenario (comprese quelle relative alla dirittura d’arrivo della legislatura e al voto politico della primavera prossima). E nella quiete (preoccupata) dell’estate italiana sembrano crescere le puntate su Bper.
La Popolare emiliana (già cresciuta con l’acquisizione di ampie porzioni di rete Ubi e quindi di Carige) può oggi contare su un forte azionista-pivot come Unipol, fra l’altro non disomogenea a Mps: anche in un presente in cui finanza e politica sembrano meno osmotiche – Siena meno incardinata nell’ex Pci-Pd, Bologna più vicina al mercato che alla Lega Coop. Certamente, appare oggi un “deal” su cui scommettere nell’estate 2023, ma non è affatto detto che ferri in acqua possano essere messi prima. E a Modena, intanto, è iniziata la stagione di Pier Luigi Montani, top manager di lungo corso, dal profilo idoneo a pilotare una grande ristrutturazione.
Nel frattempo UniCredit pare concentrato sulla riorganizzazione interna (dopo che il Ceo Andrea Orcel ha assunto direttamente le deleghe della gestione dell’importante divisione italiana) nonché sulle emergenze esterne: dal “congelamento” della attività in Russia imposto dalla guerra ucraina, allo spread italiano in risalita, alle prospettive di nuove limitazioni al pay-out ai soci piuttosto che di prelievi fiscali straordinari. Tuttavia nel passaggio – apparentemente tecnico-manageriale – riguardante UniCredit Italia non sono mancati osservatori attenti alla virtuale liberazione di una casella-chiave: che parrebbe ritagliata per favorire l’ingresso di figure di alto profilo in un’aggregazione di livello. Per questo sono tornati ad accendersi i riflettori su BancoBpm: che già in autunno era data al tavolo di una fusione con piazza Gae Aulenti. Ora al Ceo Giuseppe Castagna sembra essere stato aperto uno spazio importante. Certamente resta ancora sul tappeto il nodo dell’ipotetico concambio di fusione fra i due gruppi: entrambi sotto pressione in Borsa come tutte le grandi banche europee.
E Mediobanca? È forse un paradosso che il centro fisso del paesaggio estivo della finanza italiana – per cinquant’anni in via Filodrammatici, poi in piazzetta Cuccia – si stia godendo un apparente pausa di quiete. La scomparsa di Leonardo Del Vecchio (primo azionista in Piazzetta Cuccia col 20%) – più ancora che l’insuccesso finale di Francesco Gaetano Caltagirone nell’attacco assembleare dei vertici Generali – è parsa concludere un’ennesima “guerra” attorno a realtà-pilastro nella finanza tricolore. Se c’è una novità che Piazza Affari si può attendere entro qualche mese è appunto la sistemazione della partecipazione Delfin: una partita appena iniziata fra otto eredi finanziari e due manager eredi della leadership di Del Vecchio. Da qui ripartirà prevedibilmente una nuova puntata della “saga”: chissà, forse in maturazione nella prossima estate. Forse con il recupero di una “puntata precedente”: l’Opas “non ostile” di Intesa Sanpaolo sul Leone. Ma era d’inverno.
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