Forse non è un caso che il “grido di dolore” delle Banche di credito cooperativo italiane sia stato lanciato poche ore dopo la pubblicazione dell’enciclica sociale di papa Francesco, molto favorevole a ogni iniziativa di “economia fraterna”. Il credito cooperativo è l’archetipo della “finanza sostenibile”: in Italia è stato anzi  la prima e forse più importante realizzazione storica di un modo di fare credito diverso da quello di mercato a totalmente ispirato alla moderna Dottrina sociale della Chiesa.



In Italia il più che secolare mondo delle Bcc (a lungo “casse rurali e artigiane”) è stato sconvolto quattro anni fa dalla riforma varata dal Governo Renzi, in parallelo con il blitz sulle Popolari, trasformate in Spa. Il credito cooperativo è stato invece spinto a riorganizzarsi in due gruppi, spezzando lo storico monolitismo del movimento associativo raccolto in Federcasse, articolato in sistema attorno al polo Iccrea Holding. Oggi invece i poli sono due: quello rimasto ancorato a Iccrea e uno nuovo costruito attorno alla trentina Cassa Centrale Banca (un speciale autonomia è stata lasciata alle Raffaisenkassen altoatesine).

Entrambi hanno attirato un centinaio abbondante di Bcc, a macchia di leopardo nelle penisola. Ambedue i network hanno raccolto un’eredità un po’ acciaccata: le piccole banche sono state particolarmente colpite dalla lunga crisi iniziata nel 2008 e proseguita con le fasi recessive post-2011 e culminate poi nell’emergenza-Covid. È su questo sfondo che le due capogruppo (entrambe Spa) hanno avviato i rispettivi percorsi strategici: pilotando fusioni che rafforzassero gli istituti sul territorio e avviando la ristrutturazione di gruppo, ribilanciando l’autonomia organizzativa delle singole Bcc. Ed è questo il fronte di sofferenza denunciato ieri soprattutto Federcasse all’assemblea della Confcooperative, cui ha partecipato il premier Giuseppe Conte.

Iccrea Holding e Cassa Centrale Banca sono a tutti gli effetti soggetti “significant” per la supervisione bancaria Bce e questo porta con sé una cascata di vincoli e controlli molto forti e articolati: studiati – soprattutto dopo il 2008 – per evitare nuovi dissesti bancari. Il mondo delle Bcc insiste invece perché venga applicato il principio di proporzionalità: che non vada a imporre ai singoli istituti il set completo di adempimenti di vigilanza, anche se nominalmente sono titolari di una licenza bancaria.

Il framework organizzativo dei due nuovi poli italiani incorpora già meccanismi di vigilanza “interni”, basati su una proporzione fra virtuosità gestionale e autonomia amministrativa. Conte – molto vicino a papa Francesco – ha preso l’impegno di “mettere a punto le criticità e lavorare in sede europea”.