Dell’ingresso di Unipol nel capitale della Popolare di Sondrio gli aspetti di stretta attualità – legati al risiko bancassicurativo – non sono certo trascurabili, anzi. È evidente che dopo il successo dell’Opa del Credit Agricole Cariparma sul Creval, ancora da Sondrio giunge più di un segnale di start di un riassetto post-Covid del tutto atteso nell’industria finanziaria.
Il grande azionista di Bper – già attivo nell’operazione Ubi che aveva segnato il lockdown 2020 – raddoppia un anno dopo smarcando la Popolare emiliana da manovre e rumor di mercato concentrati attorno a Banco Bpm: che ora sembra apparentemente priva di alternative di fronte alle attenzioni di UniCredit. Quest’ultimo, intanto, sotto la nuova guida di Andrea Orcel, sembra impegnato a dare respiro a una nuova fase di iniziativa strategica, non più polarizzata su Mps: e chiaramente attenta agli sviluppi sullo scacchiere assicurativo, in Mediobanca-Generali (ancora una volta il mix sportelli-polizze, l’integrazione spinta dell’offerta di prodotti finanziari, sembra emergere come nota caratterizzante della nuova stagione).
Il caso Unipol-Sondrio sembra però significativo al di là della cronaca. Anzitutto: pur con qualche difficoltà e incognita, il polo emiliano ha mantenuto finora la propria identità “coop” (nella sua versione Lega, correntemente detta “rossa”). Le Popolari erano invece – assieme alle Bcc – il telaio portante di una cooperazione creditizia largamente “bianca” e centrale nel sistema bancario nazionale. Dalle riforme del 2015 – decise dal governo Renzi su pressing di Ue e Fmi – di quel mondo resta poco o nulla.
Sparite per default la Vicenza e Veneto Banca, Ubi acquisita da Intesa; fuse in una Spa Banco e Bpm: incapaci tuttavia di dotarsi di un nucleo stabile di azionisti forti al punto da salvaguardarne l’autonomia e promuoverne il rilancio. Creval, si diceva, finita sotto controllo francese: anche se – non è superfluo notarlo – il Credit Agricole mantiene ancora in misura significativa l’originaria fisionomia cooperativa. E Bper – dopo la trasformazione in Spa – aveva trovato subito in Unipol un socio di maggioranza anche se caratterizzato a monte ancora da assetti riconducibili alla tradizione cooperativa.
Restava – nella prima fascia del credito Popolare – la Sondrio: a lungo la più resiliente della categoria, anche dopo la tempesta del 2008. Una banca per decenni “one man”. dominata dalla figura torreggiante di Piero Melazzini. Una Popolare rimasta tale anche dopo il blitz del 2015: allorché una pronuncia giudiziaria sospensiva della riforma era giunta in extremis, quando soltanto la Sondrio doveva ancora tenere l’assemblea per la trasformazione in Spa. Una scelta che i “mohicani” di Sondrio avevano però pagato, vedendosi negare l’autorizzazione a integrare la Cassa di risparmio di Cento. È quindi una coincidenza non del tutto banale che “l’ultima (grande) Popolare” apra ora le sue porte a una (ex) consorella che anche prima di trasformarsi in Spa aveva imboccato con decisione la strada della banca di mercato.
Certo la “grande sorella” Unipol mantiene la cooperazione nel suo certificato di nascita: ma è un soggetto che – dai tempi dell’Opa Bnl all’acquisto della Sai dalla famiglia Ligresti d’intesa con Mediobanca – gioca in un campionato diverso da quello che si è giocato per un secolo a Sondrio. Una città di 22mila abitanti sede, fino a tre anni fa, di due Popolari stabilmente fra le prime dieci dell’intera penisola. Ora arrivano i “francesi” di Parma e la Legacoop da Bologna.
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