L’onorevole Maria Elena Boschi (Italia viva) – in un’intervista che Repubblica ha ospitato con ampio risalto – ha lanciato una fatwa contro la candidatura del senatore Elio Lannutti (M5s) alla presidenza della nuova commissione parlamentare d’inchiesta sulla crisi bancaria: che dovrebbe insediarsi oggi, dopo ripetuti rinvii. “Non voterò mai quell’antisemita”, ha strillato nel titolo Boschi, riferendosi a un controverso tweet di Lannutti che riprendeva un secolare argomento antisemita sulla pervasività della comunità israelita nella finanza internazionale.



L’esponente del centrosinistra (ministro nel governo Renzi e sottosegretario alla Presidenza in quello Gentiloni) ha però subito colto l’occasione per tornare sul proprio coinvolgimento personale nella prima commissione d’inchiesta. “La mia famiglia è stata massacrata su Etruria”, ha affermato Boschi. Il caso della Popolare aretina – primo dissesto conclamato, nell’autunno del 2015 – è stato in effetti al centro della commissione presieduta dal centrista Pier Ferdinando Casini nello scorcio finale della scorsa legislatura.



Come resta ampiamente noto, il padre dell’allora ministro, Pier Luigi, era vicepresidente di Banca Etruria al momento del crack ed è stato oggetto di numerose inchieste giudiziarie e di vigilanza, con esiti diversi. Ancora due mesi fa, ad esempio, il Gip di Arezzo ha escluso il coinvolgimento di Boschi Sr in fattispecie di bancarotta “fraudolenta”, ma si è riservato di valutare quella “semplice” (colposa). Boschi padre si è invece già visto infliggere sanzioni amministrative non trascurabili sia da Bankitalia che da Consob.

La figlia, nel frattempo, è finita fin da subito sulla graticola politica. Già nel dicembre 2015 ha dovuto difendersi da una mozione di sfiducia individuale promossa da M5s. E lo ha fatto affermando – da ministro davanti al Parlamento – la sua totale estraneità a ogni tentativo di salvataggio della banca. Due anni dopo, tuttavia, il “caso Boschi” è tornato con prepotenza sotto i riflettori proprio durante i lavori della commissione d’inchiesta. Commissione straordinaria convocata (anche se l’ex ministro nell’intervista sorvola sul tema) su spinta dell’ex premier Pd Matteo Renzi, fortemente intenzionato a usare i lavori per favorire la rimozione di Ignazio Visco da governatore della Banca d’Italia. Visco è stato invece reinsediato – a commissione aperta – dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dietro forte moral suasion di Mario Draghi, ex governatore e presidente allora in carica della Bce.



È stato comunque l’ex amministratore delegato di UniCredit, Federico Ghizzoni – in audizione – a confermare di essere stato sondato da Boschi (allora ministro in carica) sulla possibilità di puntellare Etruria. La circostanza era stata già resa nota in un libro dall’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli: contro cui Boschi aveva annunciato azioni legali, che non risultano peraltro aver mai avuto seguito. La testimonianza giurata di Ghizzoni – in parte corroborata anche dall’audizione dell’ex presidente della Consob, Giuseppe Vegas – hanno attirato su Boschi l’accusa di aver mentito al Parlamento. E gli echi mediatici della commissione Casini hanno poco dopo impedito all’ex ministro di ripresentarsi nel suo collegio di casa, in occasione del voto politico del 2018, cercando invece la rielezione in Alto Adige con il supporto decisivo della Svp.

Ora Boschi riscende in campo con estremo clamore alla vigilia dell’avvio della commissione-bis, esponendosi al sospetto evidente di volerla ancora rinviare o delegittimare in partenza. Lo fa peraltro con un argomento strumentale: la non idoneità del candidato presidente per sospetto antisemitismo. In realtà la candidatura Lannutti (tuttora sostenuta da M5s, cui spetta l’indicazione) è già virtualmente tramontata, ma per ragioni diverse: è emerso nel frattempo che un figlio del senatore pentastellato è dipendente della Popolare di Bari, commissariata dal governo domenica scorsa. Non sembra comunque fuori luogo ipotizzare che Boschi – sedicente “massacrata” dal primo crack di una Popolare sviscerato dalla commissione Casini – sia oltremodo spaventata dalla prospettiva che la commissione riapra i battenti (con Lannutti o altro pentastellato alla presidenza), ritrovandosi subito caldissimo sul tavolo un ennesimo dissesto di una Popolare: fra l’altro – ancora una volta – lungamente chiacchierata per i suoi legami con le forze politiche di centrosinistra.

Come se non bastasse, la Banca d’Italia – di nuovo nell’occhio del ciclone per sospetti di inadeguata vigilanza – deve affrontare un nuovo turnover nel Direttorio: dove il direttore generale Fabio Panetta è in partenza per l’esecutivo Bce. Non sembra quindi fantapolitico neppure immaginare che Boschi – per conto di un Renzi in manovra sempre più concitata – stia lanciando segnali in direzione di un vertice Bankitalia che appare stavolta in più netta difficoltà rispetto a due anni fa. Né può essere dimenticato che il ruolo storico di Vincenzo De Bustis – ex Ad della Bari ma anche di Mps e Deutsche Bank Italia – chiama potenzialmente in causa importanti settori del Pd ma anche dei Ds di ieri e di oggi. La già fragile tenuta della maggioranza giallorossa sembra in ogni caso sottoposta a prova ulteriore: così come non si può escludere che il clima freni la promozione interna a direttore generale di Daniele Franco e spinga verso un nuovo inserimento esterno. Alcuni mesi fa, del resto, Bankitalia ha chiamato come vicedirettore generale Alessandra Perazzelli, una legale priva di esperienza di central banking e di supervisione finanziaria, cui peraltro è stata subito affidata la rappresentanza Bankitalia nel Ssm, l’organismo di vigilanza unico presso la Bce.

Colpisce in ogni caso la postura “negazionista” della Boschi: che presenta se stessa come vittima politica del caso Etruria (e della prima commissione d’inchiesta), trascurando i costi miliardari dei salvataggi bancari e le perdite di migliaia di risparmiatori truffati (fra cui un pensionato suicida cui agli sportelli Etruria erano stati venduti rischiosissimi bond subordinati). Non solo: in una narrazione ai limiti della manipolazione su crisi bancarie e commissioni d’inchiesta passate e future, l’ex ministro finisce per cercare apertamente una sorta di protezione morale all’ombra della senatrice a vita Liliana Segre, che ha sollecitato e ottenuto la formazione di una commissione parlamentare per lo studio e il contrasto dell’antisemitismo e di tutti i “linguaggi dell’odio”.

Non è certamente la prima, Boschi, a tentare di strumentalizzare per fini politici e personali l’iniziativa alta, legittima e totalmente condivisibile della senatrice. Non sarà probabilmente neppure l’ultima di una lunga serie di auto-iscritti a un “partito Segre” che la senatrice non ha mai fondato e annunciato di voler fondare. Ogni giorno che passa, la scelta di richiamare l’attenzione sul proliferare della “cultura dell’odio” in Italia appare comunque sempre più opportuna. Il tentativo di killeraggio – da parte di Boschi – di una seria ripresa dell’inchiesta del Parlamento sull’infinita emergenza italiana sul terreno del risparmio delle famiglie e del credito alle imprese ne è una prova inequivocabile.