L’ultimo caso è stato scoperto dalla Guardia di Finanza di Ancona: 85 persone sospettate di una frode fiscale da 1,7 miliardi di euro di fatture false, con denaro riciclato grazie alle banche-ombra cinesi, coinvolgendo 140 imprese per la maggior parte lombarde esistenti solo sulla carta. Un sistema che è già finito sotto la lente di altri investigatori italiani, ma che ormai trova conferma anche in diverse inchieste condotte fuori dai nostri confini, negli USA e non solo, utilizzato nell’interesse delle grandi organizzazioni criminali.



Il modus operandi, che prima veniva impiegato solo per i propri connazionali, spiega Michele Riccardi, vicedirettore del Centro ricerca Transcrime dell’Università Cattolica di Milano, ora è stato esportato dai cinesi nel mondo, e messo al servizio delle mafie italiane come del narcotraffico. Negli USA si accompagna alla commercializzazione del fentanyl, una droga molto diffusa. Ecco come funziona il sistema che, come nei più classici strumenti usati per riciclare denaro, sfuma la linea di demarcazione tra affari leciti e no, rendendo difficile ristabilire il confine tra imprenditori onesti e criminali che puliscono denaro proveniente da attività poco chiare.



In cosa consiste il sistema delle banche cinesi che funzionano parallelamente al circuito di credito ufficiale così come emerge da inchieste tipo quella di Ancona?

Parliamo di soggetti privati che hanno reso professionale un sistema sperimentato più volte in passato. Il sistema delle fatture false non è una novità, negli ultimi 10-15 anni è diventato una prassi nelle operazioni di riciclaggio in Italia, usato anche dalle mafie italiane. Si tratta di un modo di procedere per certi versi basico, in cui si sfruttano società fittizie che emettono fatture per operazioni inesistenti, oppure sovrastimate e sottostimate, e in cui ha grande importanza l’elemento del contante: viene emessa fattura, pagando con i metodi tradizionali, e poi i soldi in contanti vengono restituiti una volta che l’intermediario, in questo caso la banca cinese, ha trattenuto una commissione. Insomma: un soggetto emette fattura pari a 100 euro, chi la riceve paga con un bonifico e si vede restituire 80 in contanti dopo che è stata trattenuta una commissione di 20 euro. Chi riceve la fattura falsa può abbattere l’imponibile, pagare meno tasse, realizzare fondi per pagare in nero i lavoratori o corrompere un funzionario pubblico, per comprarsi una barca o una macchina di lusso. Chi emette le fatture false può riciclare denaro. Uno schema molto semplice, rodato, che usano tutti, dalla ‘ndrangheta in giù.



Qual è la novità che emerge allora nelle ultime inchieste?

Nell’ultimo anno è stato osservato un ruolo cruciale dei cinesi nell’offrire questo tipo di servizi, anche a soggetti italiani o di altri Paesi, non escluse organizzazioni criminali nostrane. Cosa che prima non si osservava. In genere i cinesi lavoravano con i cinesi. Questi soggetti, che non sono banche vere e proprie, o meglio sono banche parallele, mettono nero su bianco quello che è l’hawala in ambito islamico, ma lo fanno con le fatture false, in maniera molto più efficace e con numeri più ampi.

Un sistema nel quale gioca un ruolo anche lo stato cinese?

La Cina controlla i suoi operatori economici fino a un certo punto. Non si può dire che questo sistema venga facilitato o voluto dalle istituzioni cinesi. Che i soggetti cinesi vengano utilizzati per riciclare denaro all’interno delle organizzazioni criminali non cinesi, però, ormai è un dato di fatto, è la vera novità del sistema.

Dietro a tutto questo ci sono privati che si danno a un’attività illecita o c’è già un’organizzazione, una sorta di mafia cinese?

Nel caso di Ancona non è stata contestata l’associazione a delinquere, però ci sono dei soggetti che si mettono in rete. Capire se c’è dietro un’organizzazione criminale cinese è molto difficile. Quello che si osserva è questa sfumatura, difficilissima da cogliere, tra criminalità organizzata tradizionale per come la conosciamo e colletti bianchi o reti di piccoli evasori.

Un fenomeno che riguarda solo l’Italia o che si è esteso a livello internazionale?

Quello che vediamo anche a livello mondiale è un utilizzo, da parte delle mafie italiane come dai cartelli colombiani e messicani, di soggetti cinesi e di “banche” cinesi che di fatto stanno agevolando il riciclaggio di denaro. Evidentemente è stata sdoganata la loro affidabilità, avendo una rete diffusa e contante a disposizione vengono impiegati ampiamente. Nel caso dei messicani c’è anche un elemento legato alla supply chain del narcotraffico, in particolare del fentanyl (un analgesico che provoca un senso di euforia, nda) negli USA. Le sostanze chimiche utilizzate per produrre queste droghe vengono spesso dalla Cina e dall’Asia e questi canali vengono usati anche per riciclare denaro. Nel momento in cui devo fare una transazione per sostanze chimiche che compro in Cina, uso gli stessi contatti anche per fatture false o per trasferire denaro all’estero.

Queste cosiddette banche cinesi dove agiscono in particolare in Italia?

Non operano esclusivamente nelle principali città come Roma e Milano, ma hanno anche sportelli presenti in province periferiche, dove ci possono essere meno controlli. Sono banche nel senso che lo schema seguito prevede la restituzione di denaro contante, quindi devono avere grosse disponibilità di liquidità.

Questa grossa disponibilità di denaro che provenienza ha, altre attività illecite?

È molto difficile saperlo. Le fatture false chiamano fatture false. Se emetto una fattura falsa, ricevo 100 e restituisco 80 la parte che mi rimane moltiplicata per infinito, cioè per tutte le operazioni del genere che vengono effettuate, mi permette di accumulare altro contante da utilizzare.

C’è una preoccupazione delle autorità cinesi per questo fenomeno?

Se parliamo di fentanyl negli USA ci sono stati contatti tra il governo americano e il governo cinese, che ha portato anche a un accordo. Dire quanto il sistema si avvantaggi di questo fenomeno o lo contrasti è difficile. La Cina è inserita in un sistema di antiriciclaggio globale, ha una sua normativa specifica, è valutata alla pari degli altri Stati. Probabilmente questa non è la principale preoccupazione di Pechino al momento, così come peraltro non lo è di molti altri Paesi occidentali. Se questo è un sistema alimentato dal contante e dall’evasione fiscale dobbiamo chiederci se anche il nostro Paese li contrasta.

(Paolo Rossetti)

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