Gia nel 2016 segnalavamo su questo quotidiano l’anomalia italiana dell’assenza di sanzioni alle banche per manipolazioni del mercato finanziario. Nonostante l’Italia abbia un debito pubblico di quasi tre trilioni di euro, alimentato da continue operazioni per la fissazione dei tassi di interesse, nessuna banca è stata interessata a oggi da indagini o accertamenti sulle modalità di gestione dei loro rapporti con il Tesoro.



A dire il vero, un importante processo, avviato dalla Corte dei Conti, attorno a un contratto derivato che ha generato una perdita di 4 miliardi, ha visto Morgan Stanley assolta “per difetto di giurisdizione”, ovvero perché il fatto tecnicamente non rientra nella competenza della Corte. Questo è comunque solo uno dei numerosi contratti avallati nel tempo dalle figure apicali – da Ciampi a Draghi – che hanno determinato complessivamente oltre 60 miliardi di perdite, e non sono stati sottoposti ad alcun vaglio. Peccato che i testi originali dei contratti siano andati perduti, e peccato che la trasparenza da anni promessa dai vari ministri non abbia reso pubblici termini e modalità delle trattative.



Risulta, a questo punto, interessante il recente provvedimento dell’Autorità europea Antitrust che ha multato alcune grandi banche internazionali par aver manipolato i tassi di interesse sui titoli di stato, tramite accordi sui prezzi sui quali dovevano in realtà farsi concorrenza. Non conosciamo i dettagli, e soprattutto il provvedimento si riferisce a fatti di alcuni anni fa e solo a una specifica vicenda (nota: anche una precedente decisione a livello europeo aveva sanzionato alcune banche – non italiane – esplicitamente per aver manipolato l’euribor, cioè il tasso di riferimento “di mercato” nel periodo 2005/2008): vi sono coinvolte però banche che ancora oggi figurano nell’elenco degli specialisti delle aste di collocamento presso Banca d’Italia. Fra esse notiamo Unicredit, il campione bancario per il quale il Governo sta preparando un bonus fiscale di quasi 10 miliardi.



Sarebbe opportuno che, partendo da quanto appurato dall’Antitrust europea, qualcuno in Italia avviasse un approfondimento conoscitivo complessivo sui meccanismi di gestione del debito: si tratta solo di un caso isolato o è la punta di un iceberg che rende la nostra navigazione non sicura ancora oggi?

I direttori del Tesoro La Via, Siniscalco, Grilli e Cannata ritorneranno a processo per un riesame alla luce della sentenza di Cassazione. La loro molto probabile assoluzione non cancella il giudizio che nel tempo ci siamo formati leggendo deposizioni e valutazioni circa l’inadeguatezza della struttura organizzativa del Tesoro.

Sarebbe utile che i cittadini avessero contezza dell’attuale gestione e si formassero il convincimento che non esistono collusioni fra operatori del debito e avessero la certezza che non esistono rischi “corruttivi” nelle operazioni di collocamento dei titoli di stato. Sarebbe, almeno, necessario chiarire le motivazioni alla base del ricorso all’asta con il criterio “marginale”, fornendo i dati storici delle offerte e delle aggiudicazioni, chi ha partecipato e quanto ha offerto rispetto al prezzo di aggiudicazione.

Infatti, nell’asta marginale, il prezzo è determinato dall’offerta più bassa, cioè quella meno conveniente per lo Stato. All’estero – non in Italia – si è appurata l’esistenza di imbroglioni che si mettono d’accordo su quanto offrire. Incredibile! In Italia non esiste questa categoria di persone e possiamo tranquillamente adottare qualsivoglia metodo d’asta e non attivare controlli?

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