La storica manifestazione che incoraggia il sistema finanziario italiano verso i temi dello sviluppo sostenibile promossa da Assosef – Associazione europea Sostenibilità e Servizi finanziari – conferisce ogni anno il “Gran Premio Sviluppo Sostenibile Ad Honorem” a un’organizzazione, ente, impresa, persona, anche di matrice non finanziaria, che si sia particolarmente distinta nel campo dello Sviluppo sostenibile. Quest’anno Banco Alimentare è stato onorato con questo importante premio. 



E’ il riconoscimento del contributo alla “sostenibilità” del lavoro svolto da ormai quasi 33 anni in Italia dai tanti, dipendenti e volontari, che ogni giorno sostengono le organizzazioni che portano aiuto a persone e famiglie in difficoltà, in una logica sussidiaria. Importante contributo alla riduzione degli sprechi attraverso il recupero delle eccedenze alimentari che si generano lungo tutta la filiera, dal campo alla tavola, al risparmio di CO2 emessa e soprattutto alla promozione della cultura del dono e della condivisione.



E’ significativo che una associazione come Assosef abbia da tempo avvertito l’urgenza di assegnare un premio ad Honorem a persone o realtà “altre” rispetto all’ambito specifico delle proprie competenze: è il segno della consapevolezza dell’intrecciarsi e dell’indissolubilità dei tanti temi in gioco e dell’impossibilità di affrontarne uno, dimenticando il suo nesso con tutta la realtà: siamo in un mondo di relazioni in cui tutto è connesso. Del resto, si tratta dell’insegnamento della Laudato si’ di Papa Francesco, che sottolinea con forza come il filo conduttore di ogni azione a tutela del pianeta può essere soltanto la tutela della persona umana, e che un approccio ecologico per essere autentico non può non essere sempre un “approccio sociale che deve integrare la giustizia” (LS 49).



In questi giorni il rapporto Oxfam sulle crescenti disuguaglianze ha segnalato che in una Italia in cui durante la pandemia le persone in povertà (dati Istat) sono aumentate di 1 milione raggiungendo quota 5.600.000, i 40 italiani più ricchi posseggono oggi l’equivalente della ricchezza del 30% degli italiani più poveri (18 milioni di persone adulte). Sono numeri che interrogano alla radice sul concetto di “ecologia integrale” che sottende tutta l’enciclica, che ha appunto al centro l’uomo e la sua dignità, e che non possono non coinvolgere tutti gli altri temi relativi alla sostenibilità.

Si dice che dopo la pandemia saranno necessari notevoli investimenti finanziari per attuare una ripresa capace di ridisegnare un mondo secondo gli obiettivi Onu dell’Agenda 2030, per uno sviluppo sostenibile, cioè uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente, senza compromettere la stessa possibilità per quelle future. Abbiamo anche sentito ripetere tante volte che “non ci si salva da soli”, che “non si può lasciare indietro nessuno”, che “nulla sarà più come prima”. Non possiamo leggere quei numeri senza metterli in relazione con queste affermazioni ripetute da autorevolissime personalità.

Sono certamente necessari numerosi e profondi cambiamenti, da quelli di sistema agli stili di vita personali, ma ogni cambiamento ha bisogno di tempo, ha bisogno di un cammino educativo. L’attività di Banco Alimentare, nel recupero delle eccedenze e nel suo essere sussidiaria a 7.600 strutture caritative che sostengono oltre 1.700.000 persone capillarmente su tutto il territorio nazionale, contribuisce a questo “cammino educativo”.

Nulla cambia se non cambio io, se non cambiamo noi: la sfida di ogni giorno è che è possibile e praticabile una modalità diversa di concepire se stessi, il rapporto con gli altri e con le cose. La sostenibilità forse potremmo allora declinarla così: che tipo di società vogliamo lasciare ai nostri figli?

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