IL CONCERTO CHOC DEL PRIMO MAGGIO AL CIRCOLO ARCI: P38 LA GANG, I “TRAPPER BRIGATISTI”
«Zitto zitto pagami il riscatto, zitto zitto sei su una R4», ma anche «Sparo alla Lega, prendo Salvini. Lo metto al contrario e gli mostro il c..», oppure «Piazzo una carica dentro al Senato. Scappo veloce fra resto basso»: sono solo tre dei versi sentiti nel concerto del Primo Maggio al Circolo Arci di Reggio Emilia, balzato agli onori delle cronache per lo show “filo BR” della band di giovani rapper “P38 La Gang”.
La notizia è stata data dai media locali emiliani ma è giunta in poco tempo su tutte le prime pagine: le loro rime, i testi usati, le immagini degli album e la scelta dei comunicati pone questa giovane band emergente al centro di una maxi polemica politica. Inutile nascondersi, i testi rap-trap non sono certo scritti per “chierichetti” eppure l’impressione è che in questo caso qualsivoglia “segno” sia stato superato: riferimento alle Brigate Rosse, oltraggio al rapimento e uccisione di Aldo Moro, attacco al mondo della politica con violenza invitata contro “i fascisti” e “i leghisti”, e quant’altro. A far maggiormente discutere questo brano udito al Concerto nel circolo Arci di Reggio, come riporta “Reggionline.com”: «Di auto ne nascono molte, ma poche per la soddisfazione e la simpatia che suscitano in chi la scelse, sono capaci di vivere tanti anni da entrare nel quotidiano. Per questo P38 si affida alla Renault4». Il presidente dell’Arci Tunnel Marco Vicini parla di “provocazione e dissacrazione” e difende la libertà di espressione della giovane compagine trap, ma lo steso Arci provinciale ha già preso distanze dopo le polemiche: «Incontreremo i rappresentanti del circolo e valuteremo i provvedimenti da assumere», spiega il rappresentante provinciale Daniele Catellani.
CONCERTO “PRO BR”, IL FIGLIO DI MARCO BIAGI: “SONO SCHIFATO”
Raggiunto da “Il Resto del Carlino”, il presidente del Circolo Arci Tunnel Marco Vicini difende ancora la scelta di far suonare la P38 al Concerto Primo Maggio: «Il trap per vocazione tratta tematiche estreme e provocatorie. E si ispira solo edonisticamente alla microcriminalità o alle droghe. Questo gruppo, che ha un certo seguito ed è da mesi in tournée, partecipando anche ad importanti festival nazionali ha dato una declinazione altrettanto provocatoria con le Br».
Ancora Vicini sottolinea come in epoca non troppo passata «i fascisti si incazzavano allora a sentire le parole di Giovanni Lindo Ferretti e si infuriano adesso ad ascoltare i P38». La polemica però resta eccome e non scatena solo la reazione contrariata e disgustata di diversi esponenti del Centrodestra, tanto locali quanto nazionali: ad intervenire su Facebook è Lorenzo Biagi, il figlio del giuslavorista Marco Biagi ucciso dalle Nuove Brigate Rosse nel 2002, indignato per l’esposizione al concerto di Reggio Emilia della bandiera con la stella a 5 punte. «Le cose più schifose a mio parere sono due», spiega il figlio di una delle tantissime vittime delle Brigate Rosse negli anni passati: «La prima è che il titolare di questo locale che li ha invitati li ha pure difesi in seguito alla loro esibizione (in 3 col passamontagna per cercare di non farsi riconoscere ) dicendo che è solo una provocazione la loro e che c’è di peggio. La seconda cosa schifosa è che non è la prima volta che questo ‘gruppo’ viene invitato nei locali ad esibirsi».
IL “MANIFESTO” DELLA BAND P38; “SIAMO COMUNISTI”
Dopo il mare di polemiche sollevate per gli inni alle Brigate Rosse e quant’altro, arriva oggi 4 maggio la risposta ufficiale sul loro canale Facebook della band P38 La Gang: «il variopinto mondo del giornalismo italiano si è finalmente accorto di noi. Benvenuti; siete in ritardo, ma vi aspettavamo».
Si dicono “estremi” e “provocatori” e che in qualche modo hanno fatto apposta ad esagerare al Concerto per attirare proprio le polemiche oggi esplose: «se davvero fossimo componenti di un gruppo armato clandestino forse strillarlo nei pezzi e sui palchi non sarebbe la migliore strategia da adottare», spiegano dalla band. Tutto risolto? Macché, anche perché dimostrano qualche riga più sotto di non pensare realmente quanto espresso all’interno dei loro testi: «non si toccano i morti, e su un solo fatto avete ragione: Aldo Moro è stato un morto, come lo sono i morti di overdose nelle periferie abbandonate dallo stato, come lo sono i morti sul lavoro nelle fabbriche che ignorano le norme di sicurezza, come lo sono i morti di una pandemia gestita disastrosamente dalle istituzioni». Infine l’ammissione, di cui però nessuno può dirsi di non aver già colto appieno: «siamo di sinistra. Comunisti, direbbe qualcuno. E siamo molto arrabbiati. Se davvero volete accusarci di qualcosa, recriminateci questo. Ci dichiareremo colpevoli senza battere ciglio. […] vi consigliamo di non trattatarci come una malattia, ma come un sintomo: alla fin fine, noi non siamo che uno sfogo».