Barbara Bartolotti nel 2003 è stata accoltellata, presa a martellate e infine data alle fiamme da un ex collega di lavoro che si era invaghito di lei, nonostante fosse felicemente sposata, con due figli e incinta del terzo bambino. “Ho vissuto due vite, ma una è stata un martirio” racconta la donna, ospite della trasmissione Storie Italiane, in onda su Rai Uno. Per quanto commesso, l’uomo viene inizialmente condannato a 21 anni, poi la pena viene ridotta a quattro anni ai domiciliari, di cui sconterà appena pochi mesi prima di ottenere piena libertà con l’indulto.
“La mia vita è segnata da tante cose in primis dalle cicatrici, dalla sofferenza di aver perso mio figlio che non è venuto al mondo per mano del mio ex collega di lavoro, che non ha mai manifestato nulla perché sapeva che io avevo una famiglia felice – racconta Barbara Bartolotti alla conduttrice Eleonora Daniele – In venti anni è cambiato il fatto che lui ha un corpo sano, dei figli e un lavoro. Io sono stata licenziata durante i sei mesi di ospedale, mi è stata tolta la dignità lavorativa, ma non quella di donna e di madre”. Affrontando il ricordo di quegli istanti terribili, Barbara Bartolotti racconta di essersi “salvata per la mia forza, per la mia voglia di vivere, per il mio essere madre e figlia. Volevo essere tutelata, volevo avere questa sorta di rivincita. Mi sono salvata perché lui è rimasto in macchina a guardare e ho pensato che fingermi morta mi permettesse di salvarmi”. E così “ho lasciato che le fiamme prendessero il sopravvento e, quando lui è andato via, ho spento le fiamme con le mie mani, mi sono alzata e ho chiesto aiuto”.
Barbara Bartolotti: “la puzza di bruciato della mia carne la ricorderò fino alla fine”
Barbara Bartolotti è sopravvissuta alla furia omicida di un ex collega di lavoro. A oggi, si definisce “vittima delle mie cicatrici ma anche di questa grande ingiustizia”, riferendosi al fatto che l’uomo abbia scontato pochi mesi ai domiciliari prima di ottenere piena libertà con l’indulto. Oggi, quest’uomo ha ottenuto una promozione ed è sposato. “Il mio aggressore e la sua famiglia non hanno mai chiesto scusa neanche con un telegramma – svela Barbara Bartolotti a Storie Italiane – Non mi interessa che lui abbia una vita normale. Io avrei voluto un lavoro, certo, ma l’importante è vivere e camminare a testa alta, non so se lui riesce a fare altrettanto”.
Barbara Bartolotti ricorda che quando dopo il coma “mi sono svegliata dalla rianimazione, mi hanno stubata e ho detto: ‘ho voglia di vivere’”. Dopo vent’anni “ho un trauma cranico, ho le vertigini, ancora oggi devo usare la sedia a rotelle. Io sono una miracolata, ma in vent’anni mi chiedo che cosa sia cambiato. Mi paragonano al Cristo in croce e mi chiedo quando dovrà finire questa sofferenza e che cosa dobbiamo ottenere affinché le cose cambino. Io mi sono salvata grazie all’amore di un marito, di un padre, dei miei figli. La puzza di bruciato della mia carne me la porterò fino alla fine”.