Duemila anni fa il latino era la lingua dei “dominanti”. Come l’inglese oggi. Chi non parlava latino o non riusciva a capirlo era uno dei “dominati”. Questo il punto di vista assai originale di Barbari, la nuova serie tv tedesca prodotta da Netflix e trasmessa dalla piattaforma dalla fine di ottobre. Si aggiunge così un nuovo prodotto di qualità – e di alto gradimento – al catalogo delle serie tv di genere storico.



Dopo lo straordinario successo di Vikings – la serie svedese dedicata alle origini del dominio dei popoli dei fiordi su mezza Europa a cavallo dell’anno mille – sono aumentate a dismisura le produzioni di ricostruzione storica. Dallo spin-off della stessa serie svedese, The Last Kingdom, fino a Britanniail colossal dedicato agli ultimi anni della dominazione romana nelle inospitali terre al di là della Manica, passando per l’italianissima Romolus.



Barbari racconta – con qualche libertà rispetto ai fatti – la storia della più cocente sconfitta militare subita dalle legioni romane per mano delle tribù della Germania settentrionale nella foresta di Teutoburgo. Passata alla storia come la “disfatta di Varo”, dal nome del generale romano che guidava le tre legioni, la vicenda ebbe luogo agli inizi di settembre del 9 d.C., quando a Roma imperatore era Cesare Augusto. 

Da tempo le tribù germaniche erano insofferenti verso l’impero a causa della crescente pressione fiscale, a cui si accompagnavano politiche vessatorie tese a rimarcare la condizione di subalternità alle leggi e alla cultura romane. Eppure le profonde divisioni tra le tribù avevano impedito ogni tentativo di organizzare una reazione in grado di impensierire le legioni di stanza lungo il fiume Reno.



Le cose cambiano quando in Germania giunge Arminio, il giovane di origini tedesche – era figlio di uno dei Reik più importanti – sottratto alla sua famiglia in tenera età, e che era stato adottato proprio da Varo e portato a Roma per studiare e dedicarsi alla formazione militare. Tornato nelle sue terre natali e ricongiuntosi con i suoi vecchi amici di infanzia, Arminio mette al servizio delle tribù germaniche quanto imparato nella capitale. A cominciare dall’arte della politica, necessaria a costruire l’unità. È lui a escogitare il piano che costerà la morte  di quasi tutti i 15.000 uomini che componevano le tre legioni di Varo. I romani si vendicheranno dopo qualche anno, con vittorie schiaccianti e sanguinose, sotto la guida di Germanico (il protagonista del Gladiatore), ma riposero definitivamente ogni velleità di estendere il confine dell’impero oltre il Reno.

La storia raccontata dal punto di vista dei germanici presenta, a dire il vero, un’angolazione nuova e qualche spunto interessante. È evidente che la produzione si rivolge in primo luogo al pubblico tedesco, offrendo un’interpretazione della storica battaglia come atto di nascita della nazione. Ma complessivamente il prodotto risulta privo di una vera sceneggiatura e i protagonisti sono descritti con una certa approssimazione. Assai riusciti invece gli effetti speciali, usati in particolare nelle scene della battaglia finale, in assoluto la parte migliore del racconto.

Colpisce – come dicevamo all’inizio – l’uso del latino “parlato” da parte dei romani. Non è usuale e serve a rimarcare il fatto che il racconto è decisamente dalla parte dei germanici, il popolo offeso che si ribella. A prescindere da ciò, è forse la prima volta che si ascoltano dialoghi in latino così lunghi e – aiutati anche dai sottotitoli – fa un certo effetto verificarne la familiarità.

Il cast è in larga parte composto da attori tedeschi, così come la regia e la sceneggiatura. Sconosciuti al grande pubblico internazionale. Ancora una volta Netflix si afferma come un produttore globale con una forte vocazione locale. Questa scelta – ormai copiata da tutti gli altri operatori – sta incentivando, soprattutto in Europa, una scuola di professionisti delle produzioni audiovisive in ogni singolo Paese, rispettando la storia locale e promuovendo scuole di qualità.