Caro direttore,
vedo molta confusione nelle nostre istituzioni. Teoricamente, la nostra Costituzione sancisce il principio della divisione dei poteri tra quello legislativo, quello esecutivo e quello che gestisce la giustizia. Mi pare che il principio abbia molte falle e non è un bel segno. Anzi, l’interferenza inappropriata tra i tre poteri costituisce un brutto segno per l’equilibrio della nostra vita democratica. E mi pare che ciò sia avvenuto con l’intervento a gamba tesa del presidente della Corte Costituzionale, il quale, senza mezzi termini, si è rivolto al Parlamento, dicendo che serve una legge sul fine vita ed una legge che definisca lo status dei minori in relazione alle coppie gay. I nostri giudici supremi, così, hanno chiaramente interferito con il potere legislativo del Parlamento. Il quale Parlamento non è affatto obbligato a legiferare come pare e piace alla Corte Costituzionale, purché, naturalmente, le leggi prodotte siano conformi alla Costituzione “più bella del mondo”.
La Corte, secondo l’articolo 134, “giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni”. Il suo compito è definito molto precisamente e tra questi compiti non vi è certo quello di dire al Parlamento quale legge occorra fare. Ogni istituzione ha il suo preciso “potere”, che comporta anche il suo preciso limite, che non può essere superato. La Corte, in altre parole, ha il potere di giudicare le leggi esistenti circa la loro costituzionalità, ma non ha quello di indicare come e quando legiferare per il futuro, anche perché il Parlamento ha anche il potere di non legiferare: in questo caso saranno gli elettori ad emettere il loro giudizio, non certo la Corte Costituzionale.
Del resto, certa magistratura italiana tende ad interferire con gli altri poteri, mentre è pronta anche a ribellarsi quando qualche altro potere si interessa di lei. Sulla questione qui sollevata, sono le stesse Camere che devono decidere, “ove lo ritengano necessario”, come provvedere a seguito di una dichiarazione di incostituzionalità (articolo 136). Giustamente, l’articolo 104 della Costituzione stabilisce che “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”, ma il principio vale anche per gli altri due poteri nei confronti della magistratura, la quale non può surrettiziamente trasformarsi, di fatto, in potere legislativo. Come, del resto, anche il potere amministrativo/esecutivo non può sostituirsi, come è avvenuto recentemente in Emilia-Romagna, alle Camere nel produrre un regolamento di una legge che non c’è, sempre in tema di fine vita, anzi, il che è ancora più grave, in tema di suicidio assistito. Ribadisco che ogni potere deve avere la coscienza democratica del proprio limite: in caso contrario, le istituzioni si sfaldano, come sta avvenendo in tante parti del mondo.
Caro direttore, se ci sarà occasione potremo entrare nel merito delle questioni di contenuto sollevate dalla Corte Costituzionale. Qui ho voluto semplicemente e brevemente sollevare, con molta preoccupazione, una questione di principio che mi pare di grande rilevanza democratica, su cui non si può sempre tacere. Ciascuno faccia il suo mestiere, ma non invada quello degli altri.
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