Barbie è la protagonista indiscussa del momento. La bambola amata da sempre da tutte le bambine del mondo non solo è approdata al cinema incassando solo in Usa e Canada quasi 352 milioni di dollari. Ora sembra anche essere utilizzata a scopo terapeutico nella cura dell’Alzheimer. È quanto è stato sperimentato nella RSA San Raffaele di Campi Salentina, in provincia di Lecce, con risultati immediati già dopo poche settimane.



Gli operatori della struttura hanno pensato di regalare alcune Barbie ai pazienti affetti dalla malattia degenerativa. E gli effetti sono stati sorprendenti, al di là di ogni previsione. Sarà stato il tuffo nel passato, il ricordo mai dimenticato di un’infanzia trascorsa a giocare con le bambole, vestendole, pettinandole. Eppure i risvolti sui processi cognitivi sono stati più che positivi. Viene chiamata ‘Barbie terapia o, per dirla all’inglese, ‘doll therapy’, ed è un intervento non farmacologico utilizzato con successo nel trattamento delle demenze.



CONTATTO VISIVO, TATTILE E CORPOREO CON LE BARBIE NELLA CURA DELL’ALZHEIMER

Il contatto visivo e corporeo, la manipolazione tattile e il dialogo con le bambole vanno a stimolare il processo cognitivo, la memoria, il dialogo e la capacità relazionale. Tutto questo permette di favorire le reazioni emotive riducendo irritabilità e disturbi comportamentali, depressioni e propensione al sonno. Questo è quanto ha rivelato Maria Giovanna Pezzuto, psicologa della RSA salentina che ha spiegato i benefici delle Barbie sull’Alzheimer, sulla scia degli studi internazionali condotti in questo senso.



Se questa terapia fosse confermata potrebbe ovviamente migliorare la qualità della vita di chi è affetto da alzheimer. Non si parla di guarigione ma di riduzione delle conseguenze che la malattia crea in chi ne è affetto. Una scoperta di non poco conto se pensiamo che nel mondo sono 46 milioni le persone colpite da questa patologia. Numeri, questi, aggiornati al 2015 e destinati a crescere fino a 131,5 milioni entro il 2050. Anche in Italia i numeri sono piuttosto preoccupanti: 700mila casi. Oltre ad essere la terza causa di morte tra gli over 65 in Europa.