Barbora Bobulova, ai microfoni del “Corriere della Sera”, ha raccontato la sua infanzia e le difficoltà affrontate al suo arrivo in Italia dalla Slovacchia. La sua infanzia è stata felice, anche se da piccola non conoscevo Walt Disney e non potevo portare i jeans, erano proibiti. Mamma non comprava i vestiti al negozio, li cuciva a casa: ricordo che con i primi soldi guadagnati presto, a 12 anni (cercavano una ragazzina per un film e io con sfrontatezza mi presentai), comprai un maglione”.



Cresciuta negli anni del regime comunista, Barbora Bobulova ha sottolineato come in quel periodo, a suo avviso, vi fossero anche numerosi aspetti positivi oggi scomparsi, quali ad esempio “il diritto alla casa, la rarità del precariato, l’accesso gratuito all’istruzione. Io ho studiato senza pagare anche all’Accademia d’arte drammatica. I miei erano entrambi ingegneri, fuori dalla nomenklatura. Quando sei giovane non vedi molto le differenze, sei inconsapevole. La scorsa estate mi hanno colpito gli anziani slovacchi che vanno in giro con la maglietta di Putin, hanno nostalgia dell’impero sovietico”.



BARBORA BOBULOVA: “I PRIMI TEMPI, IN ITALIA, SENTIVO GLI SGUARDI ADDOSSO”

Nel prosieguo della sua chiacchierata con il “CorSera”, Barbora Bobulova ha rivelato che i suoi inizi in Italia furono complicati: “Non ero in cerca di fortuna. A un casting a Bratislava cercavano una ragazza slava per un film italiano, ‘Infiltrato’. Avevo 19 anni. Fu uno choc. Bionda, con gli occhi azzurri, sentivo gli sguardi addosso. Non sono cambiate tanto le cose, ancora gli uomini ti fissano. Ero abituata al mio Paese, dove se anche ti metti in minigonna non ti fila nessuno”.



Ma gli esordi, per Barbora Bobulova, furono resi difficili anche dal suo status di giovane straniera: “Ho vissuto sulla mia pelle l’essere extracomunitaria. Facevo file enormi in Questura a Roma per avere il permesso di soggiorno e ogni tre mesi dovevo tornare in Slovacchia se non avevo un nuovo contratto di lavoro”.