IL PROF AGGREDITO A BARI PARLA A LA VITA IN DIRETTA
“Adesso temo ulteriori ritorsioni, anche dall’entourage che fa capo a lui”. Vincenzo Amorese a La Vita in Diretta confessa le sue paure dopo l’arresto del padre di una sua studentessa che l’ha aggredito a scuola. Il prof di diritto ed economia dell’istituto Majorana del quartiere San Paolo di Bari, preso a schiaffi, ha appreso che il papà della ragazza sarebbe “legato ad ambienti malavitosi” e avrebbe precedenti. “Adesso ho paura. Sto meditando insieme alla mia famiglia di ritornare al Nord, dove ho vissuto per oltre 16 anni”. In effetti, l’ambiente familiare allargato sarebbe tutt’altro che sereno: lo zio della studentessa, ad esempio, è in carcere, perché considerato responsabile di due omicidi ed esponente di riferimento del clan Strisciuglio.
Il gip, che ha disposto gli arresti domiciliari per il padre della studentessa a cui il prof aggredito a Bari aveva messo la nota, lo descrive come una persona “normalmente propensa a risolvere con la forza fisica i propri problemi e i proprio contrasti personali”. Ma Vincenzo Amorese contesta anche il fatto di essere rimasto solo: “Sono un docente lasciato solo dalla preside, anziché difendermi, si è scagliata contro raccogliendo le insinuazioni e accuse infamanti lanciate da alunne che le hanno inventate di sana pianta”.
BARI, PREOCCUPAZIONE PER CARENZA PERSONALE
La vicenda del prof di Bari aggredito ha gettato nello sgomento tutta la categoria degli insegnanti, oltre al personale Ata. A inizio mese c’era stato un incontro tra il prefetto e i sindacati, che avevano manifestato la loro preoccupazione per la carenza di personale in Puglia, lamentando in particolare la carenza di circa 2mila unità di personale aggiuntive. In quell’occasione era emersa la carenza di collaboratori scolastici chiamati a garantire l’importante servizio di sorveglianza. “Solo due giorni prima della diffusione della notizia abbiamo fatto un sit in proprio per lamentare questo tipo di carenze”, spiega Claudio Menga, segretario Flc Cgil Puglia, al Corriere della Sera. “Manca il personale e la selezione avviene con criteri che hanno fatto il loro tempo e non tengono conto che ci sono situazioni dove parlare di rischio non è soltanto una parola”, conclude.