Ospite di Silvia Toffanin a “Verissimo“, il ballerino Joaquìn Cortès ha affrontato anche un argomento per lui molto difficile come la scomparsa della mamma, Basilia Reyes Flores, morta a Madrid il 3 dicembre 2008 come conseguenza di una malattia incurabile di cui era affetta da diversi anni. Nel programma di Canale 5, il celebre danzatore di flamenco ha raccontato di aver vissuto un vero e proprio trauma dopo la scomparsa della madre: “Quando è successo stavo per mollare, mi sono sentito perso, ero da solo. Non volevo vedere nessuno, mi sono chiuso dentro la sua stanza e per alcuni mesi ho dormito sul suo letto. Non mangiavo e non dormivo più. Poi, un giorno ho sentito come un abbraccio, non c’era nessuno con me ma è stato come se mia mamma fosse lì a spronarmi di tornare a ballare, perché quello era il mio dono“.



Mamma morta di Joaquìn Cortès: “Lo specchio mi ha rimandato l’immagine di un naufrago”

Di questo argomento così doloroso, Joaquìn Cortès aveva parlato già dieci anni fa in una confessione raccolta da Grazia Garlando per Il Corriere della Sera. Rispetto alla morte della mamma, il ballerino aveva raccontato: “Un dolore assurdo e inaccettabile, di quelli che ti paralizzano, ti svuotano e ti fanno credere che non ti riprenderai mai più. Questo è stato per me la perdita di mia madre, avvenuta due anni fa in seguito a una malattia incurabile. Ne era affetta da diversi anni, e quegli ultimi otto mesi che l’hanno costretta in un letto d’ospedale sono stati tristissimi. Appartengo a quella cultura gitana nella quale i legami di sangue sono saldissimi, famiglie grandi e unite in cui si condivide ogni cosa“.



Joaquìn Cortès ha aggiunto: “Nei due anni successivi non ho praticamente vissuto: passavo intere giornate senza fare assolutamente niente, con la testa persa nel vuoto oppure fissa su di lei, quasi sempre in quella grande casa di famiglia dove viveva e dove, nonostante il viavai di parenti e amici che tentavano invano di aiutarmi, mi isolavo sempre di più. Dormivo perfino nel suo letto. Le mie due sorelle, i miei nipoti che considero quasi figli miei mi stavano accanto con tutto il loro amore, i miei collaboratori cercavano di risvegliarmi con il lavoro, ma io non riuscivo a reagire: senza di lei mi sentivo perso come un bambino. Un giorno, all’improvviso, è successo qualcosa: svegliandomi al mattino mi sono sentito invaso da una forza enorme e ho avvertito come una spinta sulla schiena che mi imponeva di andare avanti. Lo specchio mi ha rimandato l’immagine di una specie di naufrago, con la barba lunga, i capelli arruffati e il volto scavato. In quei due lunghissimi anni vuoti non mi era neppure passato per la testa di prendermi cura di me e del mio aspetto. Ed è stato come se mi fossi risvegliato da un torpore infinito“.

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