I batteri buoni dell’intestino influiscono sulle nostre funzioni neuro-psichiche: dal mal di testa all’insonnia, dall’Alzheimer al Parkinson, dall’autismo alla sclerosi multipla. E’ questo il convincimento emerso negli ultimi mesi in una serie di convegni dal titolo “Microbiota e Salute Mentale” che ha visto medici e psicologi concentrarsi appunto sul ruolo del microbiota, ovvero l’insieme dei batteri buoni che vivono in simbiosi con noi nell’intestino. A ridestare l’interesse per il rapporto tra intestino e cervello è stato, in particolare, uno studio pubblicato su Frontiers of Behavioural Neurosciences. La ricerca, realizzata da studiosi americani della Colorado University, sostiene che il probiotico Lattobacillo rhamnosus migliorerebbe il riposo notturno, aumentando il sonno Rem, grazie ad una maggiore produzione di acidi grassi a catena corta, come l’acido butirrico, agendo sull’espressione di geni preposti ai ritmi sonno-veglia. Questo batterio, fra le altre cose, svolgerebbe anche funzione protettiva nei confronti dello stress, sia in termini di prevenzione, sia di recupero post-traumatico. Al contrario il sonno peggiora se, come indica invece uno studio dell’Università di Verona pubblicato su Frontiers of Psychiatry, nel microbiota si riduce la concentrazione di bifidobatteri.



MCIROBIOTA: DEPRESSIONE E MICRORISVEGLI

La riduzione di bifidobatteri si associa anche ad un aumento dei disturbi ansiosi e di quelli dell’umore – riporta Il Corriere della Sera – perché a livello intestinale viene demolita una quota maggiore di triptofano, l’amminoacido fonte della serotonina, neurotrasmettitore fondamentale nella depressione. A questo riguardo, i ricercatori belgi del Leuven Center for Brain & Disease Research, in una ricerca pubblicata su Nature Microbiology (Flemish Gut Flora Project) avevano scoperto che in questo disturbo sono coinvolti anche altri due ceppi batterici intestinali: Coprococco e Dialister. La loro riduzione favorisce la depressione, alterando però la concentrazione di un altro neurotrasmettitore, la dopamina, implicato nella regolazione della motivazione, del rinforzo e dell’omeostasi psichici. Per quanto concerne i disturbi del sonno, un altro studio fresco di pubblicazione sul Journal of Experimental Neurology dall’Università del Missouri sostiene invece che riequilibrando il microbiota si migliora anche l’apnea morfeica, ovvero un disturbo che interessa soltanto in Italia 6 milioni di persone, 18 negli Stati Uniti. Noto con la sigla OSA, acronimo di Obstructive Sleep Apnea, ovvero apnea ostruttiva notturna, la causa viene individuata nell’abbassamento dei tessuti della faringe a livello del fondo buccale durante il sonno, con conseguente riduzione del passaggio di ossigeno nelle vie aeree. Superato un valore minimo, il soggetto finisce per svegliarsi per pochi secondi, trascorrendo così una notte di microrisvegli. Sebbene il giorno dopo non ne abbia memoria, l’ipossigenazione cerebrale notturna può provocare disturbi dell’attenzione, della memoria, depressione eccetera.



MICROBIOTA: MAL DI TESTA E MALATTIE NEURODEGENERATIVE

Sempre interessato dalla correlazione intestino-cervello sarebbe il problema mal di testa. Lo scorso anno i ricercatori statunitensi delle Università Brandeis del Massachusetts e Cornell di New York hanno fornito una spiegazione a molti studi precedenti indicando sulla prestigiosa rivista Nature che in questo disturbo sono implicati microrganismi che non solo producono tiramina, sostanza notoriamente cefalalgica, ma, mediante l’enzima T-decarbossilasi, provvedono anche alla sua conversione in octopamina, neurotrasmettitore coinvolto nell’avversione per gli odori caratteristica del mal di testa, la cosiddetta osmofobia emicranica legata ad iperattivazione dei recettori Octr-1 posti sui neuroni Ash, deputati alla percezione delle sostanze volatili e solubili. Come riporta Il Corriere della Sera, l’octopamina e altre amine biogene, fondamentali negli invertebrati, erano chiamate falsi neurotrasmettitori o amine elusive poiché presenti solo in tracce nell’uomo.



Adesso, commenta Giovanni d’Andrea, direttore del Centro Cefalee e Comorbidità dell’Ospedale Este-Monselice, “su Neurology abbiamo dimostrato per primi che non sono né falsi né elusivi e si possono dosare nel plasma“. Oggi si parla di TAs, acronimo di trace amines (ve ne sono già 9), tutte con un ruolo importante nel sistema nervoso e non solo nella cefalea. Al riguardo D’Andrea conferma: “Abbiamo appena indicato su Nature Scientific Report che i livelli circolanti dell’octopamina e di altre sei TAs possono fungere da biomarker per seguire la malattia di Parkinson“. Che vi fosse un legame tra microbiota e la malattia neurodegenerativa era stato già dimostrato nel 2004 da Heiko Braak della Goethe University di Francoforte. Uno studio appena pubblicato dall’Università dell’Alabama su npj Parkinson’s Disease conferma che il microbiota del Parkinson è alterato: oltre a un eccesso di opportunisti patogeni, Faecalibacterium, Roseburia e Prevotella risultano ridotti, mentre Bifidobacterium e Lactobacillus aumentati.