Un’importante scoperta è stata realizzata in merito ai batteri: un gruppo di studiosi ha appurato che possono di fatto creare qualcosa di molto simile ai ricordi, una memoria, e sulla base di quanto immagazzinato dare vita a delle azioni dannose per l’uomo che li ospita. Lo studio, pubblicato da nursetimes, è stato realizzato da un team di ricercatori dell’Università del Texas di Austin, ed è emerso che i batteri sarebbero in grado di formulare strategie che possono causare delle infezioni pericolose nell’uomo sulla base del pregresso, come ad esempio la resistenza agli antibiotici e gli sciami batterici.
Tale scoperta può avere dei risvolti molto positivi per cercare di prevenire e combattere le infezioni batteriche ma anche affrontare quei batteri che sono resistenti agli antibiotici, una vera e propria piaga quest’ultima che causa ogni anno migliaia di morti con l’Italia purtroppo in prima fila. Lo studio fa riferimento di preciso ad un elemento chimico comune che le cellule batteriche utilizzano per formare e trasmettere i ricordi alle loro progenie nelle generazioni successive.
BATTERI HANNO UNA “MEMORIA” CHE SI TRASMETTE AGLI EREDI: IL COMMENTO DI UNO DEGLI AUTORI
Souvik Bhattacharyya, uno degli autori dello studio, ha commentato: “I batteri non hanno cervello, ma possono raccogliere informazioni dal loro ambiente e, se incontrano frequentemente quell’ambiente, possono immagazzinare tali informazioni e accedervi rapidamente in seguito a loro vantaggio”. Secondo i ricercatori tutto farebbe ricondurre al ferro che è uno degli elementi che più si trovano sul pianeta. I batteri hanno dei livelli variabili di ferro e gli scienziati hanno osservato che quando i livelli di ferro sono bassi, gli stessi batteri sono più sciamatrici.
Di contro quei batteri che formavano dei biofilm hanno invece dei livelli di ferro più alti nelle loro cellule. Quelli con tolleranza agli antibiotici hanno invece dei livelli di ferro più equilibrati, e si tratta di memorie ferree che possono persistere per almeno quattro generazioni e che scompaiono definitivamente dalla settima. “I livelli di ferro sono sicuramente un obiettivo terapeutico perché il ferro è un fattore importante nella virulenza“, ha chiosato Bhattacharyya.