I batteri resistenti agli antibiotici stanno diventando una emergenza mondiale, con l’Italia tra i Paesi che corrono maggiormente rischi. A lanciare l’allarme, in una intervista ad Avvenire, è stata Evelina Tacconelli, professoressa ordinaria e direttrice dell’Unità di Malattie Infettive dell’azienda ospedaliera universitaria di Verona. “Se la prossima pandemia dovesse essere causata da batteri resistenti agli antibiotici potremmo trovarci inermi”, ha avvertito. Il problema infatti sta nel fatto che i farmaci attualmente a disposizione non sarebbero efficaci.



“Per capire quanto sia grave la situazione non occorre pensare a una pandemia come quella di Covid: non avere più antibiotici efficaci contro le infezioni batteriche, purtroppo frequentissime negli ospedali italiani dopo ad esempio una banale operazione, è un problema che apre un baratro nella vita dei pazienti”, ha sottolineato. I dati pubblicati nel 2015 evidenziano l’enormità del fenomeno. “Tra i 29 Paesi monitorati, su 33 mila morti ben 11 mila erano in Italia. Nessuno è peggio di noi”. Le cause sono diverse.



“Batteri resistenti a antibiotici, è emergenza in Italia”. L’allarme di Evelina Tacconelli

Quest’anno l’Organizzazione mondiale della Sanità ha affidato a Evelina Tacconelli il coordinamento di un gruppo di esperti di 22 nazioni con il compito di aggiornare la lista dei batteri più pericolosi per la salute umana e di definire quali antibiotici è necessario produrre per affrontarli. È una vera corsa contro il tempo. “Ne abbiamo già individuati 4 che fanno paura. Il problema è planetario: secondo i calcoli dei massimi economisti, nel 2050 i batteri farmaco-resistenti faranno 10 milioni di vittime, saranno la prima causa di morte globale”, ha avvertito.



A doversi preoccupare di più è l’Italia stessa. “I batteri resistenti agli antibiotici sono una emergenza mondiale ma soprattutto italiana Siamo uno dei Paesi più avanzati, ma nei nostri ospedali il controllo della trasmissione di infezioni batteriche nei pazienti ricoverati è così scarso che il 65% delle infezioni antibiotico-resistenti ce le prendiamo lì. L’adesione ai protocolli è pari a solo il 21%. Il rischio di morte è di 10 rispetto allo 0,1 di un paziente identico a me ricoverato in Nord Europa”. La colpa, in tal senso, è anche dell’utilizzo sproporzionato di antibiotici. “L’utilizzo senza motivo, o con dosaggio e durata sbagliata, sono le cause principali della situazione drammatica”, ha concluso.