Gli scienziati del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, con un team internazionale di ricerca, hanno condotto uno studio sui batteri isolati sulla Stazione Spaziale Internazionale: questi sono appartenenti alla specie Enterobacter bugandensis e in grado di resistere agli antibiotici. La ricerca succede una precedente nel corso della quale erano stati prelevati, grazie a tamponi sterili, dei materiali sulla superficie di vari oggetti della Stazione, compreso un water: tali campioni, inviati sulla terra per essere analizzati, avevano mostrato contaminazione da batteri fecali, come Escherichia coli e da ceppi di Enterobacter. Tali organismi hanno sviluppato caratteristiche non rilevate mai su quelli terrestri, sia di tipo genetico che metabolico.



I ricercatori hanno così condotto ulteriori studi coltivando batteri nella Stazione, osservando che le mutazioni che sulla terra vengono viste come un errore di lettura del Dna, nello spazio hanno una frequenza particolarmente accentuata, di almeno dieci volte maggiore. Quali sono le motivazioni, gli studiosi non l’hanno ancora scoperto: probabilmente, però, la frequenza maggiore è dovuta alle condizioni estreme dell’ambiente esterno, come radiazioni e pressione atmosferica. Ma quali effetti potrebbero avere tali batteri presenti sulla Stazione Spaziale Internazionale sulla salute degli astronauti e sulla stessa terra?



Batteri spaziali, quali effetti sulla salute?

I batteri isolati sulla Stazione Spaziale Internazionale avranno effetti sulla salute degli astronauti o potrebbero creare pericoli per la stessa terra? Il ritmo di mutazione è talmente alto che è impossibile, secondo la dottoressa Maria Rita Gismondo, non pensare a infezioni che potrebbero diventare resistenti a qualsiasi terapia antibiotica. Inoltre è impossibile compiere missioni spaziali completamente sterili, dunque senza il trasporto di batteri terresti fino allo spazio e viceversa: per questo tali batteri così mutevoli potrebbero arrivare anche a noi.



Per questo motivo, secondo direttrice di microbiologia clinica e virologia del “Sacco” di Milano, “bisognerebbe prevedere e studiare l’impatto di una colonizzazione degli ambienti o dei pianeti sui quali andremo, con batteri a rapida evoluzione biologica“: questi, infatti, potrebbero rappresentare un pericolo per i terrestri e per la loro salute. C’è poi un ulteriore campanello d’allarme che viene lanciato da Gismondo: gli scienziati hanno al momento studiato i batteri ma non ancora i virus, che dunque potrebbero essere altrettanto pericolosi, se non di più.