Con la transizione green che sta procedendo (più o meno) spedita in tutto il mondo, il sempre più frequente ricorso alle fonti energetiche rinnovabili e la crescente domanda di batterie per alimentare i più disparati dispositivi, si torna anche a parlare sempre più frequentemente di batterie al sale fuso: spesso presentate come alternativa altrettanto efficiente al litio attualmente diffuso e che riesce a risolvere alcuni dei problemi che da sempre lo permeano; ma al contempo fortemente limitate da alcune caratteristiche tecniche che ne stanno rendendo complicata la diffusione su larga scala.



Partendo dal principio, per capire come mai le batterie al sale fuso potrebbero sostituire quelle classiche al litio è importante capire come funzionano e come sono state fatte: l’anima della batteria (che non va immaginata come le classiche stick che usiamo tutti i giorni) è alimentata da normalissimo cloruro di sodio che una volta sottoposto a temperature superiori ai 270 gradi – in media 300 – si fonde scindendosi in sodio e nichel che a sua volta si lega al cloro per formare cloruro di nichel.



Quest’ultimo composto ha il compito di accumulare la corrente elettrica dentro alle batterie al sale fuso e di rilasciarla all’occorrenza riformando il cloruro di sodio in un circolo (potenzialmente) infinito: di fatto allo stato attuale la tecnologia è ben conosciuta, sviluppata e anche diffusa soprattutto nel campo delle già citate energie rinnovabili, ma anche come fonti di accumulo e rilascio e contesti complicati e in condizioni di emergenza.

Vantaggi e svantaggi delle batterie al sale fuso: non prendono fuoco, ma richiedono almeno 12 ore entrare in funzione

Di fatto l’aspetto più importante delle batterie al sale fuso è rappresentato dalla loro lunghissima durata che si stima possa arrivare fino a 20 anni dal primo utilizzo, così come non va dimenticato che sono del tutto atossiche per l’essere umano (contenendo, si fatto, solo sale e nichel in forma metallica) e completamente riciclabili: tutti aspetti che le rendono – appunto – un’alternativa importante e tangibile per gli ioni di litio che hanno una durata ridotta, sono tossici e impossibili da riciclare, oltre a risolvere i problemi – comuni in alcune auto elettriche – del surriscaldamento e degli incendi spontanei.



D’altra parte se oggi si preferisce ancora il litio alle batterie al sale fuso una ragione ci sarà; ed è strettamente legata al fatto che per funzionare hanno bisogno di raggiungere temperature di circa 300 gradi in garantire di garantire lo scioglimento del sale e l’accumulo di corrente: la conseguenza ovvia che sono poco adatte per gli utilizzi rapidi – richiedendo circa 10/12 ore da fredde per raggiungere la temperatura ottimale – od occasionali; senza dimenticare che per portarle a temperatura occorre sfruttare altra corrente elettrica, con tutte le conseguenze sull’efficienza e l’effettivo risparmio energetico.