Abbiamo da poco celebrato i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri ma il “poeta maledetto” Charles Baudelaire torna di “attualità” in questi stessi giorni per i 200 anni dal suo capolavoro “I fiori del male”. Il grande autore francese viene celebrato oggi su “La Verità” dal filosofo Marcello Veneziani che lo descrive in maniera geniale, «Baudelaire sognò il paradiso abitando a suo agio l’inferno».



È proprio così in effetto la vita (e pure le opere) del grande “poeta maledetto” con più attinenze al mondo di oggi di quanto non si possa immaginare: per nulla interessato al “femminismo”, con idee politiche “estreme” e – in anticipo coi tempi – del tutto avverso alla “religione verde” che è poi definitivamente esplosa ai giorni nostri. Un autore che oggi verrebbe forse osteggiato, considerato “scorretto” e probabilmente ‘squalificato’ dai salotti buoni della cultura “buonista”: «Fu innanzitutto il primo “ateo devoto”. Per lui Dio è il solo essere che, per regnare, non ha nemmeno bisogno d’esistere. Anche se Dio non esistesse, dice nei suoi Razzi, la religione resterebbe santa e divina», scrive ancora Veneziani.



BAUDELAIRE, L’ANTI-PROGRESSISTA

Indicativo ed eloquente il fatto che per il “poeta maledetto” le uniche tre figure rispettabili nella vita sono il sacerdote, il guerriero e il poeta: «l’uomo che canta, che sacrifica, che si sacrifica», scrive ancora Baudelaire nei “Razzi”. Precursore oltre che degli atei devoti anche del genio folle di Nietzsche, scorretto contro ambiente, donne e amore: «La donna è naturale, cioè abominevole. È sempre volgare, l’opposto del dandy». Spiazza sempre, dalla sessualità agli affetti fino alla critica serrata della sua realtà contemporanea (con squarci di quello che invece si sarebbe evoluto solo decenni dopo): «Cosa c’è di più assurdo del Progresso, dato che l’uomo non cambia, diceva. Criticava i democratici che non amano il bello e il lusso; e i protestanti che mancano di galanteria e devozione», aggiunge ancora il filosofo nel suo editoriale su “La Verità”. Amava e odiava la vita, ne era attratto ma anche spaventato: questo intreccio e bilico continuo di Baudelaire tra Dio e Satana ha rappresentato l’intera sua esistenza e non può che comprendersi tutto in quei “Fiori del male”. Così scriveva alla madre: «io voglio annientare gli animi, lasciarli sgomenti».

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