La patrimoniale agita ancora le anime politiche ed economiche di questo Paese martoriato dal coronavirus e dalla fortissima crisi che ci porterà mesi, se non anni durissimi, nell’immediato futuro: dopo che il Governo con Misiani ha di fatto “aperto” alla possibilità di una nuova tassa che si avvicini molto al “prelievo forzoso” avvenuto già negli anni Novanta, in una lunghissima intervista al Corriere della Sera parla Giovani Bazoli ed esprimere il suo parere importante circa lo strumento ideale da “somministrare” al “paziente Italia” nei prossimi mesi. Davanti alla domanda secca di Aldo Cazzullo, il banchiere presidente emerito di Intesa Sanpaolo lancia il piano che il Governo dovrebbe varare «Le riforme dell’impresa, del lavoro, del Fisco, della scuola, per ritrovare la produttività. A questo devono provvedere gli italiani».



Sulla patrimoniale poi avanza diretto «La patrimoniale non è possibile politicamente, e darebbe un gettito inferiore alle aspettative. Resta il fatto che abbiamo un anomalo rapporto tra grande debito pubblico ed enorme ricchezza privata: 4.374 miliardi di attività finanziarie delle famiglie (contro 926 miliardi di passività), 1.840 miliardi di attività finanziarie delle società non finanziarie; contro 2.409 miliardi di debito pubblico. Penso a un grande prestito non forzoso, finanziato dagli italiani e garantito dai beni dello Stato. Ne hanno scritto Ferruccio de Bortoli e Giulio Tremonti».



BAZOLI “SPOSA” IL PIANO TREMONTI

Il “piano” dell’ex Ministro delle Finanze sotto il Governo Berlusconi, Giulio Tremonti, si struttura pressapoco in questi termini: «Niente patrimoniale perché sarebbe distruttiva di banche e assicurazioni, niente ricorso al Mes e alla troika ma un grande piano di ricostruzione nazionale basato sull’emissione di titoli pubblici italiani a lunghissima scadenza e basato sulla fiducia: esenti da ogni imposta, presente e futura, come è stato per un secolo e mezzo». Un “prestito” come avvenne nell’immediato Dopoguerra (con il patto del 1948 e la famosa frase di Togliatti «Il prestito darà lavoro agli operai. Gli operai ricostruiranno l’Italia»), elemento che trova la coincidenza con l’idea del banchiere Bazoli: «italiani d’accordo? Sì, se troveranno conferma le qualità morali emerse in questi giorni. Se non si perdono quei sentimenti, se si mantiene questa virtù civica e repubblicana, possiamo realizzare un grande piano di ricostruzione nazionale. Non bastano cento miliardi; ne servono trecento. Meno del 7% della ricchezza finanziaria delle sole famiglie potrebbe segnare la svolta che cambia la storia d’Italia. Soldi da destinare alle riforme produttive».



Cazzullo prova però ad insistere sul ruolo che dovrebbero comunque avere le banche in questo grande progetto “salva” Italia, e Bazoli spiega allora nel dettaglio «Sul sistema bancario l’Italia può fare affidamento; perché tranne qualche eccezione è fondamentalmente sano. Ha saputo rafforzarsi anche attraverso le integrazioni dell’ultimo decennio del secolo scorso e del primo di questo secolo. Prima di questa catastrofe avevamo alcune delle banche più solide ed efficienti d’Europa». Il Paese ha davanti un periodo durissimo e il rischio fortissimo che con una patrimoniale o una tassa “solo” contro le aree più produttive d’Italia si potrebbero creare più danni che altro. La “palla” passa al Governo e, in maniera forse ancora più dirimente, si attende cosa emergerà dagli aiuti Ue: tradotto, se il Mes si facesse più vicino allora anche l’ipotesi patrimoniale potrebbe non essere più solo uno spauracchio ma una viva realtà presente.