Giuseppe Conte ribadisce la volontà del Governo di non arrivare a un lockdown generalizzato come quello della scorsa primavera. “Il lockdown generalizzato non può essere la nostra prima scelta, avrebbe costi troppo elevati, significherebbe dire al Paese che non abbiamo una strategia. E invece noi una strategia ce l’abbiamo, e ci aspettiamo che dia risultati a breve”, spiega il presidente del Consiglio in un’intervista alla Stampa. Secondo Sergio Cesaratto, Professore di Politica monetaria europea all’Università di Siena, in realtà l’esecutivo «teme un tracollo finanziario, anche per via dei messaggi che sono arrivati nei giorni scorsi circa la volontà dei falchi della Bce di ridurre il l’acquisto di titoli di Stato dei Paesi più indebitati, come l’Italia, in caso non ricorrano al Mes sanitario».
Perché un lockdown generalizzato porterebbe a un tracollo finanziario del Paese?
Già con le attuali restrizioni è in corso un calo del Pil, che diventerebbe molto più importante in caso di lockdown generalizzato, soprattutto se colpisse anche il settore manifatturiero. Per sostenere i redditi e assicurare la pace sociale si dovrebbe aumentare la spesa pubblica. Con un Pil in calo e un debito in continua crescita è chiaro che le condizioni della finanza pubblica si aggraverebbero agli occhi dei mercati.
Un problema ancora più grave se la Bce dovesse rivedere il programma Pepp sottoponendolo a delle condizionalità.
Le spinte dei falchi all’interno della Bce, che, si dice, vorrebbero costringere l’Italia a ricorrere al Mes sanitario, non aiutano di certo. Verrebbe di fatto eliminato l’unico vero sostegno europeo in questo difficilissimo frangente. Già nella precedente crisi dei debiti sovrani l’Eurotower è stata l’unica a fare qualcosa di concreto. E anche oggi è così.
Ci sarebbe anche il Recovery fund, su cui è stato finalmente trovato un accordo tra Parlamento e Consiglio europeo.
Non si sa quando arriveranno questi fondi e in Italia non abbiamo ancora messo a punto i piani di spesa. Non dobbiamo poi dimenticare che Spagna e Portogallo hanno fatto sapere di non voler utilizzare i loans, cioè i prestiti, del Recovery fund, che farebbero anche aumentare il debito pubblico, ma solo i grants. Forse Madrid e Lisbona sono molto confidenti sul fatto che i tassi di interesse sul debito che emettono resti basso.
La scelta di Spagna e Portogallo può avere conseguenze per l’Italia?
Secondo alcuni, l’Italia farebbe bene a ricorrere al Mes e a utilizzare i prestiti del Recovery fund perché si dovrebbero corrispondere tassi molti bassi che consentirebbero risparmi di spesa. Tuttavia, stante la decisione di Spagna e Portogallo, se l’Italia ricorresse ai prestiti del Recovery fund andrebbe incontro a uno stigma politico, che sarebbe ancora più evidente in caso di ricorso al Mes sanitario. Si trasmetterebbe, infatti, il messaggio di essere finanziariamente in difficoltà. Ritengo che l’Europa, di fronte a questa seconda ondata del Covid, debba fare qualcosa di più.
Che cosa dovrebbe fare?
Servirebbe una rinnovata azione europea basata sugli eurobond sostenuti dalla Bce. I Governi di Italia, Spagna, Portogallo e anche Francia dovrebbero denunciare il fallimento del Recovery fund, insufficiente e tardivo. I Paesi presunti “frugali” andrebbero messi nell’angolo. Di fronte a situazioni inedite occorrono soluzioni decise, anche se mi rendo conto che sono difficili da concretizzare se solo pensiamo a tutti gli ostacoli che il Recovery fund ha incontrato in questi mesi.
Se dovesse passare la linea dei falchi all’interno della Bce o se il Governo si decidesse a fare ricorso al Mes sanitario, l’Italia ne avrebbe un qualche giovamento?
La mia opinione è che il Mes sanitario sia piuttosto irrilevante per le sorti economiche del Paese, anche perché non sapremmo come spendere i 36 miliardi a disposizione a fini Covid, se non in parte. È vero che manca il personale sanitario, ma occorrono anni per formarlo. Il problema è che con l’Italia (e l’Europa) in lockdown e senza una vera azione di contrasto europea, il nostro Paese sarà costretto a ricorrere all’intervento diretto della Bce (il famoso Omt di Draghi del 2012) che è subordinato all’ingresso in un programma Mes (quello vero), vale a dire austerità e Troika.
Con quali conseguenze?
Il disastro economico. Salvini e la Meloni mobiliteranno a quel punto le piazze. Come nel 2011 l’Europa troverà un suo Gauleiter per assicurare la “democrazia”. Magari con l’appoggio dell’esercito. Il nome? Io lo cercherei a Sciences Po a Parigi. Come detto sopra, l’Europa e la Germania hanno però ora la loro grande occasione di fare diversamente.
(Lorenzo Torrisi)