C’è attesa per le decisioni del Consiglio direttivo della Bce in programma oggi. I dati sull’inflazione diffusi martedì non sembrano lasciare alternative a un nuovo rialzo dei tassi. Si tratterà di capirne l’entità. Intanto l’ex Vicepresidente dell’Eurotower, Vitor Costancio, interpellato dal Sole 24 Ore si è detto contrario a utilizzare l’inflazione di fondo come target della politica monetaria.
Abbiamo fatto il punto con Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Professore, cominciamo dai dati sull’inflazione: ad aprile è cresciuta più in Italia (+8,3% dal 7,6% di marzo) che nel resto dell’Eurozona (+7% da +6,9%).
A proposito del dato italiano c’è da dire che l’Istat evidenzia che il rialzo è dovuto principalmente all’incremento dei prezzi dei beni energetici non regolamentati, ma se guardiamo meglio i numeri possiamo notare che tra le voci che pesano di più sull’indice generale le due più importanti dal punto di vista delle conseguenze sul potere d’acquisto sono cresciute su base annua più della media complessiva.
Di quali voci si tratta?
I beni alimentari (cresciuti rispetto ad aprile 2022 del 12,6%) e le spese legate alla casa (+16,9%). Si tratta di voci che impattano soprattutto sui redditi medio-bassi, dato che rappresentano più del 40% della spesa complessiva di una famiglia, e su cui è difficile risparmiare.
Bene allora che si sia intervenuti tagliando il cuneo fiscale proprio sui redditi medio-bassi.
Sì, questa misura può riuscire a contenere o possibilmente azzerare gli aumenti registrati per quelle due voci. Detto questo, non sarei così categorico nel parlare di un’inflazione che rialza la testa. Credo sia opportuno attendere un altro mese prima di tirare le somme. Non è da escludere, infatti, che a maggio ci sia una diminuzione dell’indice dei prezzi. E ovviamente c’è da augurarselo.
Il dato dell’Eurozona non sembra lasciare alternative alla Bce. Secondo lei, ci sarà un rialzo dei tassi di un quarto di punto o di mezzo punto?
Se la Bce vuole assolvere al suo mandato di far scendere l’inflazione, ma nello stesso tempo non vuole danneggiare la crescita, direi che sarebbe decisamente opportuno un rialzo di un quarto di punto. Considerando che il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali attualmente è pari al 3,5%, un altro mezzo punto in più lo porterebbe a un livello che comincerebbe a essere elevato.
Anche per gli effetti che avrebbe sul credito bancario.
Esattamente. L’effetto sul credito bancario è importante, perché se quest’ultimo rallenta, in qualche misura rallenta anche l’attività produttiva.
Oltretutto il settore bancario sta attraversando un momento particolare viste le preoccupazioni che ci sono negli Stati Uniti.
La crisi del 2008-09 non è partita dall’Europa e oggi la rete finanziaria mondiale è ancora più interconnessa. Occorre, quindi, cautela, che non è certo alzare i tassi, cosa che rischia di creare ulteriore scompiglio in un mondo finanziario già in subbuglio. Abbiamo anche visto in quel che è successo negli Stati Uniti che se i tassi aumentano i titoli di stato che le banche hanno in portafoglio si deprezzano con il rischio che si debbano registrare delle perdite.
Cosa pensa, infine, delle dichiarazioni di Costancio?
L’ex Vicepresidente della Bce ha fatto una considerazione di tipo tecnico, io mi limito a osservare che da oltre un anno siamo in un contesto economico in cui i parametri normali vacillano. È difficile avere certezze, ma gli Stati Uniti hanno le spalle larghe e si possono permettere degli errori di valutazione, l’Europa decisamente meno.
(Lorenzo Torrisi)
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