Occhi puntati oggi sul board della Banca centrale europea, a seguito del quale potrebbero essere forniti anche maggiori dettagli sul cambiamento della strategia dell’Eurotower riguardo il target inflazionistico. A inizio mese, infatti, è stato deciso che l’obiettivo sarà quello di un indice dei prezzi al consumo del 2% simmetrico nel medio termine. Non è soltanto l’aggettivo “simmetrico” in sé a essere una novità, quanto, come ci spiega Luigi Campiglio, il fatto che la Bce abbia annunciato ulteriori possibili cambiamenti nella propria strategia nei prossimi anni.



Professore, cerchiamo anzitutto di capire la novità relativa alla simmetria. Cosa indica questo cambiamento da parte della Bce?

È un segnale del fatto che un po’ di inflazione in più è ritenuta meno pericolosa di un’uguale inflazione in meno. C’è quindi il riconoscimento formale della preoccupazione per la deflazione, che mi sembra oltretutto giustificata: il rialzo dell’indice dei prezzi al consumo, infatti, potrebbe essere in parte dovuto a una crescita dell’economia, mentre una variazione negativa non sarebbe certo un indicatore positivo, a patto di non avere situazioni molto particolari come quella del Giappone.



La Bce è quindi preoccupata per la deflazione? Non è un rischio ormai lontano?

Qualche timore c’è, dovuto soprattuto a elementi strutturali legati alla demografia piuttosto che ai cambiamenti climatici, ed è come se la Bce stesse spiegando che, dato che è preoccupata che si possa scivolare di nuovo verso una deflazione che rischierebbe di diventare strutturale, è pronta a mettere in campo tutti gli strumenti a disposizione per evitare che ciò avvenga.

Il timore non è che possa esserci un rialzo inflazionistico a cui non corrisponda un ugual incremento del Pil? Con il nuovo obiettivo in caso di inflazione superiore al 2% la Bce potrebbe evitare di ritirare troppo presto le misure accomodanti ed espansive…



Questa potrebbe essere un’interpretazione plausibile. Non bisogna però dimenticare che se l’inflazione media continuasse a rimanere bassa significherebbe che almeno in una parte dell’Europa la crescita sarebbe debole. C’è quindi in generale, da parte della Bce, il timore che per ragioni esogene ed endogene la crescita dell’economia possa essere anemica in una parte rilevante dell’Europa. L’obiettivo dell’inflazione al 2% diventa pertanto una non dichiarata politica espansiva. C’è comunque un passaggio che mi sembra davvero importante e che credo rappresenti la vera “news” in questo cambiamento operato dalla Bce.

Quale?

La Bce non solo cambia strategia dopo 18 anni in cui aveva tenuto saldo il principio di un’inflazione vicina ma inferiore al 2%, ma fa capire che ci saranno periodi mutamenti e fissa già il prossimo al 2025. Dichiarare che una strategia che è rimasta in piedi per 18 anni oggi viene cambiata e che lo sarà ancora tra 4 anni mi sembra un passaggio fondamentale.

Si passa da un atteggiamento “statico” a uno più “dinamico”.

Si decide di diventare più flessibili nelle policy e anche nella strategia.

Tanto per intenderci, se il Qe di Draghi fu per certi versi una forzatura, domani potrebbe non esserlo più.

Esattamente. Se la parola chiave nei nuovi documenti è simmetria, direi che il sostantivo che si accompagna con altrettanta forza, anche se non dichiarata, è flessibilità. È molto più chiaro il messaggio ai mercati e al pubblico: c’è l’obiettivo dell’inflazione al 2% secco e, dopodiché, un “ombrello” della simmetria, della flessibilità, dei cambiamenti di strategia. È una policy molto più dinamica.

Fino a che punto ci potranno essere ulteriori cambiamenti nel 2025?

Difficile dirlo ora, ma nei documenti della Bce emerge tra i messaggi principali di questa nuova strategia il fatto che la politica monetaria e la politica fiscale devono andare a braccetto. Anche in una recente intervista Lagarde aveva evidenziato che durante la crisi valutaria del 2012 non ci fu il coordinamento necessario fra politica monetaria e politica fiscale.

Questo passaggio nei documenti della Bce è un messaggio a Bruxelles?

Esattamente. Non è certamente un dettaglio puramente tecnico. Immagino che comunque sia un messaggio concordato in qualche misura con Bruxelles, e che non giunga pertanto ex abrupto, per dire che dalla crisi si esce veramente solo con un coordinamento tra politica monetaria e fiscale.

Un messaggio che sembra richiedere qualcosa di più del Recovery fund, visto che in questo periodo si parla di cambiare le regole del Patto di stabilità…

Direi proprio di sì. Recentemente Schauble, che come noto ha messo in ginocchio la Grecia, ha rilanciato l’idea tedesca di un patto di riscatto del debito sul modello dello fondo di ammortamento di Hamilton, istituito nel 1792 per gli allora nascenti Stati Uniti d’America. Si può anche fare, basta avere in mente un percorso di medio-lungo termine, senza strozzare l’economia con vincoli molto stretti. Mi sembra che nella Bce ci sia una maggior percezione del fatto che dopo la Brexit è impensabile che ci siano altre defezioni o situazioni critiche, soprattutto per quel che riguarda Paesi fondatori dell’Ue come l’Italia o la Francia.

(Lorenzo Torrisi)

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