Come nelle attese, il Consiglio direttivo della Bce ha deciso di ridurre gli acquisti mensili di titoli nell’ambito del Pepp, il programma non convenzionale per fronteggiare le conseguenze potenzialmente deflattive della pandemia. Anche se la presidente Christine Lagarde non ha offerto un numero o una forchetta di valori, il ritmo degli acquisti netti rallenterà nelle prossime settimane per attestarsi su un livello inferiore a quello degli ultimi due trimestri, in cui si collocavano nell’intorno degli 80 miliardi mensili. Com’è noto, l’Italia beneficia del Pepp in modo significativo, considerato che i suoi acquisti possono deviare dai “capital key” (le quote di partecipazione che ogni paese ha nel capitale della Bce).
In che misura la decisione del consiglio direttivo sia segnaletica di un’eventuale chiusura del Pepp già il prossimo marzo è, invece, meno chiaro. La Bce non ha lasciato filtrare segnali diretti al riguardo, rimandando la questione alla riunione del prossimo dicembre. Tuttavia, la batteria di dati previsionali pubblicati a margine dell’incontro consente più di qualche congettura. In tali previsioni, la Bce certifica il rimbalzo del Pil per l’intera Eurozona che quest’anno dovrebbe crescere del 5%, quasi mezzo punto in più rispetto alle previsioni divulgate lo scorso giugno, mentre quelle per il 2022 e 2023 rimangono sostanzialmente invariate (4,6% e 2,1%, rispettivamente). Simmetricamente, l’inflazione per l’anno in corso è stata parimenti rivista al rialzo, superando il target del 2% (2,2%), per poi attestarsi al di sotto di quella soglia nei prossimi due anni (1,7% e 1,5%, rispettivamente). Pertanto, l’impennata rifletterebbe dinamiche del tutto temporanee e, in quanto tali, non rilevanti per cambiare la stance di politica monetaria.
Lagarde ha già mandato avanti l’economista tedesca nel suo board, Isabel Schnabel, che, in un discorso tenuto lunedì, rassicura l’opinione pubblica tedesca proprio sul quadro inflazionistico che l’Eurotower ritiene sotto controllo, nel tentativo di smorzare la trazione che i falchi nel suo consiglio tedesco stanno utilizzando per condizionarne la discussione.
È probabile che Lagarde abbia deciso di tenere un profilo basso sul futuro del Pepp per evitare di antagonizzare i membri più intransigenti del suo consiglio e ritagliarsi maggiori margini di manovra nel tempo prezioso sino alla prossima metà di dicembre quando – allora sì – dovrà dare indicazioni al mercato sul destino del Pepp. Del resto, proprio il fatto che la presidente non abbia utilizzato il rialzo dell’inflazione, per quanto temporaneo, per inviare tatticamente segnali su una ricalibrazione più significativa della politica monetaria può essere interpretato come ulteriore validazione della sua intenzione di evitare bruschi cambi di rotta e di pesare con grande cautela cambiamenti più rilevanti.
In ogni caso, per la gestione del debito pubblico italiano la recente decisione del consiglio direttivo apre una nuova fase, in cui una diminuzione, sia pur graduale, degli acquisti netti di titoli sul mercato secondario dovrà combinarsi con maggiori emissioni nette di titoli sul primario a fronte della dinamica crescente del nostro debito.
@domeniclombardi
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