Questa settimana torna a riunirsi il board della Banca centrale europea. Un appuntamento, quello di domani, che verrà seguito con attenzione per capire se ci saranno indicazioni su un eventuale cambiamento nella politica monetaria espansiva adottata per contrastare gli effetti economici della pandemia. «Sarei molto sorpreso – ci dice in merito Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino – se in questa riunione venisse deciso un aumento dei tassi, ma sarei ancora più sorpreso se non venisse deciso entro l’anno».
Un aumento dei tassi alla fine dell’anno non sarebbe prematuro?
Forse sì, molto dipenderà dall’andamento della pandemia, se sarà davvero sotto controllo e di conseguenza se si consoliderà una ripartenza dell’economia. Se il virus sarà sconfitto, la gente tornerà a comprare e a viaggiare, i prezzi tenderanno a salire e la Bce dovrà fare qualcosa.
Il rialzo sarà quindi collegato al rischio inflazione?
Sì, l’importante è che l’inflazione non sorpassi il 2-3%. Occorre specificare che il rialzo dei tassi non avverrebbe il primo mese in cui si registrasse un marcato aumento dei prezzi, ma occorrerebbe una tendenza, che certamente può essere rafforzata dalla fine della pandemia.
Quindi potrebbe non esserci un rialzo dei tassi vero e proprio, ma la Bce potrebbe anche solo paventarlo…
Sì, potrebbe anche esserci l’annuncio di un aumento di lì a qualche mese. Non stiamo comunque parlando di un grosso rialzo, ma al massimo di mezzo punto.
Questo rialzo dovrebbe esserci anche negli Stati Uniti?
Sì, certamente. Sempre che, lo ripeto, la pandemia sia sotto controllo. Del resto le Banche centrali hanno il compito istituzionale di impedire un rialzo eccessivo dei prezzi. E in caso di un aumento della domanda, in prima battuta ci sarebbe un riassorbimento della disoccupazione, ma poi emergerebbe una carenza di offerta che porterebbe all’aumento dei prezzi.
Anche recentemente è stato evidenziato che negli anni passati i tassi sono stati rialzati troppo presto compromettendo la ripresa dell’economia. Non vede il rischio che l’errore si ripeta?
È ben per questo che dico che è possibile che venga solamente annunciato un rialzo dei tassi, cosa che può rappresentare un segnale ben comprensibile per le imprese sul fatto che se alzeranno i prezzi poi avranno meno facilmente credito in banca. Quindi, il solo annuncio può ritardare l’effetto inflattivo.
Per un Paese che si sta indebitando molto come l’Italia, il rialzo dei tassi può essere un problema?
L’aumento dei tassi dovrebbe tradursi anche in un aumento dei rendimenti dei titoli di stato che riguarda tutti i Paesi. Che per l’Italia possa esserci un rialzo superiore agli altri questo dipende anche dal Governo che avremo. Se ci fosse ancora l’attuale, per gli investitori continuerebbe a contare il fatto che il Premier è Draghi, sempre che sia riuscito a non incontrare ostacoli nel percorso di riforme che ha delineato.
Nel Def il Governo prevede una crescita del Pil superiore a quella stimata dal Fondo monetario internazionale due settimane fa. L’esecutivo è troppo ottimista?
Nessuno può dare una risposta precisa, perché i dati in nostro possesso non sono sufficientemente precisi. Non sappiamo quale sia l’effettivo peso sul Pil dei segmenti che stanno trainando certi settori e molto dipenderà anche dal rimbalzo dei servizi in caso di riaperture senza intoppi e dall’andamento della pandemia. Quello che io noto è che negli ultimi anni l’Italia ha battuto le stime del Fondo monetario internazionale.
Nel caso di rialzo dei tassi da parte della Bce, si tornerebbe comunque al Patto di stabilità tale e quale a prima?
Questa è una bella domanda alla quale è difficile dare una risposta anche perché si deve ancora tenere la Conferenza sul futuro dell’Europa che è stata rinviata a causa dello scoppio della pandemia. Ora è stata appena presentata la piattaforma digitale che servirà a fare in modo che i cittadini possano dare il loro contributo. Questa Conferenza potrebbe rivedere alcuni meccanismi comunitari importanti, per esempio su quali decisioni è necessaria l’unanimità. Io credo che i Paesi nordici non rappresentino un grande pericolo. Molto dipenderà, quindi, dalle mosse di Francia e Germania, un po’ come per il Recovery Fund.
(Lorenzo Torrisi)
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