Al forum della Bce di Sintra che si è chiuso ieri, la Presidente Lagarde ha affrontato due temi importanti. Anzitutto, ha riconosciuto che le mosse sui tassi di interesse che hanno contribuito a “domare l’inflazione” hanno inevitabilmente “anche frenato la crescita economica”, tanto che per cinque trimestri consecutivi si è registrata una sostanziale stagnazione nell’Eurozona. Tuttavia, “la solidità del mercato del lavoro” contribuisce a poter “prendere le nostre decisioni politiche riunione per riunione”. Inoltre, la Lagarde ha anche ribadito, replicando indirettamente al ministro delle Finanze tedesco Lindner, che la Bce è pronta ad attivare il Tpi, il famoso scudo anti-spread, nel caso la Francia ne avesse bisogno, ma allo stesso tempo Parigi dovrà rispettare il Patto di stabilità mettendo ordine nei suoi conti pubblici. Abbiamo chiesto un commento a Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Professore, secondo la Lagarde un “atterraggio morbido” per l’economia dell’Eurozona “non è ancora garantito”. Cosa ne pensa?
Gli atterraggi morbidi sono pericolosi, perché a volte possono diventare improvvisamente bruschi. Credo che nell’Eurozona sarebbe utile un qualche segnale di forward guidance (indicazioni prospettiche) sui tassi. Negli Stati Uniti esiste il dot plot trimestrale della Fed, un grafico che riassume le previsioni sull’andamento dei tassi dei membri del Fomc.
In Europa, invece, ci dobbiamo basare sulle dichiarazioni dei vari membri del Consiglio direttivo della Bce o sulle loro storiche divisioni tra “falchi” e “colombe”…
Non dico di copiare gli americani, ma un qualche sistema un po’ più preciso su cui imprese e famiglie possano basare le loro decisioni aiuterebbe molto. Pensiamo solo alla scelta di accendere un mutuo: sapere qual è l’orientamento ufficiale di politica monetaria probabilmente sarebbe di aiuto.
In effetti, le aspettative dei mercati sui tassi nell’Eurozona esistono, ma non c’è un “indicatore” ufficiale come nel caso degli Stati Uniti.
Sì, uno strumento di questo tipo sarebbe utile in questa fase in cui sembrano mancare, anche nelle dichiarazioni della Lagarde, delle indicazioni precise. Pur rimanendo una “congettura”, per via dei cambiamenti repentini che ci possono essere, una vera forward guidance aiuta a prendere decisioni.
Secondo lei, perché manca una vera foward guidance da parte della Bce?
Una risposta banale potrebbe essere che questo dipende dall’eterogeneità tra i Paesi dell’Eurozona. Tuttavia, è facile ribattere che una situazione analoga, pur con le dovute differenze, c’è anche tra gli Stati degli Usa. Non saprei, quindi, fornire una risposta precisa, probabilmente è per via di un’eredità storica. Resta il fatto che abbiamo una forward guidance troppo vaga.
In questo senso sappiamo solo che, secondo la Bce, l’inflazione tornerà al 2% nell’ultima parte del 2025. Considerando che il mese scorso si è attestata al 2,5% nell’Eurozona, verrebbe da dire che dobbiamo aspettarci una politica monetaria restrittiva ancora per un po’.
Sì, ma se si continua con questo trend c’è il rischio di abbandonare troppo lentamente la stretta monetaria. Io penso che questo sarebbe il momento per dare un segnale al mercato. Per esempio, una forward guidance con una prospettiva di diminuzione significativa dei tassi, fermo restando che la situazione può cambiare in maniera repentina e mettere tutto in discussione.
Con quest’ultima “postilla” non si rischia di trasmettere incertezza?
Già ora c’è incertezza visto che non si sa esattamente cosa voglia fare la Bce. Dobbiamo decidere quale incertezza sia meglio, tenendo conto che quella attuale sta contribuendo a un oggettivo rallentamento dell’economia. Bisogna ricordare che c’è anche un lag temporale che non si può azzerare: se i tassi verranno ridotti solo l’anno prossimo, bisognerà aspettare che gli effetti di questa manovra si propaghino nell’economia.
Meglio sarebbe allora che il taglio arrivasse in autunno in modo che i suoi effetti sull’economia si possano vedere a inizio 2025.
Se questo avvenisse sarebbe certamente un segnale incoraggiante, ma non è quello che sta provenendo dalla Bce: dal momento che ritiene che l’inflazione tornerà al 2% tra un anno, c’è da aspettarsi che non ci siano cambiamenti a breve sui tassi.
Forse la Bce teme che tagliando i tassi l’inflazione possa risalire e allontanarsi così dal target del 2%.
Inutile negare che non ci sia questo rischio, ma va detto che in questo momento a rischiare sono famiglie e imprese. Se, pur con tutte le cautele del caso, avessimo una visione un po’ più chiara di quello che la Bce vuol fare, anche le decisioni di imprese e famiglie potrebbero essere più consone a un atterraggio morbido.
Un altro tema su cui la Lagarde è intervenuta è quello di un possibile utilizzo del Tpi a sostegno della Francia, purché proceda al risanamento dei suoi conti pubblici. Cosa ne pensa?
Può darsi che i francesi siano più obbedienti di noi riguardo le indicazioni sul bilancio pubblico, ma non è detto. Io resto convinto che, in Italia come in Francia e nel resto d’Europa, occorra aumentare la produttività per spingere la crescita e così migliorare i conti pubblici, evitando le manovre austere.
Se la Francia fosse in difficoltà e non rispettasse del tutto le indicazioni sulla finanza pubblica, la Bce davvero non farebbe nulla?
La Francia non ha i conti in ordine, ma non come l’Italia e questa potrebbe essere un’argomentazione utilizzabile a Bruxelles per essere meno rigidi di quanto lo saranno rispetto ad altri Paesi come il nostro. Dunque, qualcosa probabilmente Ue e Bce faranno. Va anche detto che la Francia ha un potenziale produttivo più forte del nostro, in questo momento è più solida e questo l’aiuta.
(Lorenzo Torrisi)
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