C’è attesa per le decisioni che verranno prese oggi dal Consiglio direttivo della Banca centrale europea. Come ci spiega l’economista Domenico Lombardi, direttore del Policy Observatory della Luiss ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, l’aspettativa è che l’Eurotower «lasci invariati i tassi, scelta che sarebbe coerente con i segnali che la stessa Bce ha veicolato al mercato, con la diffusione di un comunicato da cui potrebbe, tuttavia, trasparire una retorica hakwish».
In questo senso cosa potrebbe indicare il comunicato ufficiale della Bce?
Sarà enfatizzata la volontà di continuare a vigilare con la massima determinazione su possibili spinte inflazionistiche e dinamiche salariali non compatibili con il target di medio periodo pari al 2%, esplicitando la ferma volontà di inasprire prontamente e ulteriormente la postura di politica monetaria nel momento in cui emergesse un disancoramento delle aspettative rispetto a tale target.
La Bce potrebbe optare per un ridimensionamento del ritmo di riacquisto dei titoli di stato nell’ambito del programma emergenziale Pepp la cui scadenza è prevista alla fine del 2024?
Visto l’attuale contesto di accresciuta incertezza, a seguito dell’aggressione di Israele da parte di Hamas, l’attesa è che il Consiglio direttivo continuerà la discussione su un eventuale ridimensionamento di tali riacquisti, senza, però, che venga presa una decisione in merito. Anche perché questo strumento rimane la prima linea di difesa contro il rischio di frammentazione in caso di aumento dell’incertezza e degli spread. C’è un altro aspetto, però, su cui a mio avviso occorre concentrare l’attenzione.
Quale?
Da un po’ di tempo esiste un dibattito all’interno della comunità delle Banche centrali dell’Eurosistema sulla possibilità di aumentare la riserva obbligatoria, che non è remunerata, delle banche. Occorre considerare che l’aumento dei tassi ha fatto anche crescere la remunerazione delle riserve in eccesso che le banche detengono rispetto a quelle obbligatorie con impatti importanti sul conto economico delle Banche centrali. Nel Consiglio direttivo della Bce un dibattito in merito è stato già promosso dalla Germania e dai Paesi a essa collegati. Un eventuale innalzamento della riserva obbligatoria avrebbe un effetto restrittivo.
In che modo?
Se le banche devono depositare più liquidità presso la Bce avranno meno risorse disponibili per i prestiti. Si acuirebbe, quindi, la stretta del credito già in atto. Senza trascurare il fatto che la scelta di aumentare la riserva obbligatoria avrebbe, peraltro, un impatto negativo sul conto economico delle banche dato che, appunto, non è remunerata.
La successiva riunione del Consiglio direttivo è in programma a metà dicembre, questo potrebbe influenzare le decisioni odierne?
Credo di no. Anche perché nel caso si dovesse rafforzare ulteriormente l’incertezza, magari per l’esplodere di una più ampia crisi arabo-israeliana che coinvolgesse altri Paesi, il Consiglio direttivo della Bce potrebbe sempre incontrarsi virtualmente e prendere tutte le decisioni del caso, come peraltro ha già fatto in passato.
Il Presidente dell’Abi ha detto che prima del conflitto in Medio Oriente si aspettava una pausa nel rialzo dei tassi, ma “gli eventi in Israele complicano tutto”. Cosa ne pensa?
Queste dichiarazioni rappresentano sicuramente un segnale importante che proviene da chi ha una postazione di osservazione privilegiata. Ad oggi, se guardiamo all’inflazione, gli ultimi dati di settembre ci dicono che è in calo, anche a livello core. Ed è vero che un allargamento del conflitto in Medio Oriente, con il coinvolgimento di Paesi produttori di petrolio, potrebbe avere un impatto sui prezzi energetici, ma al momento questa resta una possibilità. Io penso che in virtù di un contesto congiunturale internazionale incerto, la Bce adotterà probabilmente una postura di attesa riguardo i tassi per rimandare poi eventuali decisioni a meeting successivi, se necessarie. Vedremo, comunque, in che direzione evolverà il dibattito di oggi. A mio avviso ci sono tre variabili da monitorare: i tassi di interesse, i riacquisti del Pepp, i livelli della riserva obbligatoria.
Per l’Italia sarebbe bene rimanessero tutte invariate…
Stante la situazione di vulnerabilità dell’economia italiana, tutte e tre le variabili rischiano di complicare ulteriormente il quadro. L’aumento dei tassi perché renderebbe più oneroso il rifinanziamento del debito pubblico, oltre che i mutui a tasso variabile e i prestiti di famiglie e imprese, finendo per deteriorare ulteriormente le condizioni del mercato del credito. Le politiche di riacquisto del Pepp perché l’Italia ne ha beneficiato sinora in maniera significativa, più degli altri Paesi, data peraltro la mole del suo debito pubblico. Infine, la riserva obbligatoria perché andrebbe a penalizzare il sistema bancario e la sua capacità di prestare denaro.
La settimana prossima è invece in programma la riunione del Fomc della Fed. Anche in quel caso c’è da attendersi la decisione di lasciare invariati i tassi?
Sì, anche se il quadro macroeconomico è totalmente diverso. Da un lato, infatti, c’è un raffreddamento della spinta inflazionistica e un aumento dei rendimenti di mercato dei T-bond decennali, che hanno sfondato la soglia del 5%, riflettendo la postura espansiva della politica fiscale americana. Dall’altro lato, c’è una crescita continua dell’economia: nel terzo trimestre si dovrebbe andare oltre il +4% annualizzato contro il poco più del 2% dei primi due trimestri. Questo è un dato che sembra corroborare lo scenario di soft landing, considerato che gli analisti tendono a escludere una recessione nei prossimi 12 mesi.
(Lorenzo Torrisi)
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