“I tassi di interesse principali della Bce sono vicini al loro limite inferiore da diverso e tempo e lo scenario dell’inflazione del medio termine è ancora molto inferiore agli obiettivi”. In questo scenario la Bce ha rivisto la propria “forward guidance” per “sottolineare il proprio impegno a mantenere una politica monetaria accomodante costante per raggiungere il proprio obiettivo di inflazione”. Il comunicato stampa continua: “Per supportare l’obiettivo simmetrico dell’inflazione al 2% e in linea con la propria strategia di politica monetaria”, la Bce si aspetta che “i tassi di interesse rimangano ai livelli attuali o inferiori fino a quando l’inflazione non raggiunga il 2%”. “Questo potrebbe anche comportare un periodo transitorio in cui l’inflazione è moderatamente sopra l’obiettivo”.



Il significato del comunicato emerge dalla semplice osservazione dell’andamento del rendimento del decennale italiano sceso nettamente dopo la pubblicazione. La Bce, quindi, ci rassicura e assicura tutti che la politica monetaria rimarrà accomodante e aggiunge che l’unica possibile controindicazione, e cioè un balzo dell’inflazione, non si vede all’orizzonte. In ogni caso la Bce sarebbe disposta a sopportare un tasso di inflazione anche superiore all’obiettivo per un periodo transitorio. 



L’inflazione potrebbe essere il male minore in un contesto economico ancora complicato, ma a questa conclusione si può arrivare solo ponendo alcune premesse. Oggi siamo in un territorio inesplorato e la situazione attuale non può essere paragonata con le crisi precedenti. Non è mai successo che interi settori venissero chiusi d’ufficio e che ai lavoratori venisse impedito di andare a lavorare per non contagiare. I rischi, per esempio, sulle catene di fornitura di alimentari che le quarantene generano in Inghilterra sono già arrivati sui media di massa. Le banche centrali e la Bce pompano liquidità in uno scenario in cui viene impedito, giusto o sbagliato che sia, di produrre e lavorare. Il rischio è che i cambiamenti, nei prezzi, possano avvenire molto più velocemente del previsto.



C’è un’altra questione che a questo punto proprio non si può non sollevare. C’è un dato sull’inflazione “ufficiale” e c’è un’inflazione reale o percepita che sembra discostarsi dal primo numero in modo netto. Il paniere dell’inflazione di luglio 2021 forse non è rappresentativo come quello di luglio 2019 con interi settori chiusi e milioni di disoccupati. Certe cose non si possono quasi più acquistare, una crociera o un viaggio aereo intercontinentale, e altre non si comprano perché non si trovano più come prima oppure perché bisogna risparmiare. Le spese vive e indifferibili, alimentari, bollette e affitti, hanno subito incrementi negli ultimi mesi superiori o molto superiori a quelli dell’inflazione media. Il dato ufficiale sottostima l’inflazione percepita o subita da una platea ampia di famiglie e consumatori.

Il problema però non è nemmeno la politica monetaria accomodante della Bce forse inevitabile; il problema è il combinato di politiche accomodanti sommate a quarantene e lockdown che limitano la produzione di beni obbligando le imprese a produrne meno di quanto vorrebbero e meno di quanto ci sia bisogno. I sussidi alla disoccupazione e i redditi di cittadinanza mantenuti anche quando l’economia riapre contribuiscono una strutturale mancanza di lavoratori; le scelte personali, soprattutto tra i giovani, sono determinate anche da un generale rincaro del costo della vita, affitti e trasporto inclusi: meglio stare a casa. 

I mercati quindi “festeggiano” e lo spread scende, ma la questione di fondo rimane: la Bce non può stampare pasta e carne. È questo il limite vero, non abbiamo idea se vicino, lontanissimo o improbabile, contro cui si può rompere la magia dei mercati. La Bce potrebbe lanciare banconote dagli elicotteri o accreditare valuta digitale a tutti noi senza spostare di un centimetro la questione. Tralasciamo poi il fatto che le fasce più deboli in questo meccanismo sarebbero sempre dietro di un giro. 

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