I timori per un rialzo dei contagi da Covid si sono già riflessi sui mercati e potrebbero anche portare le Banche centrali a proseguire le loro politiche accomodanti oltre i tempi inizialmente previsti. In questo senso domani dal board della Bce potrebbero arrivare indicazioni importanti sulle mosse che si vorranno intraprendere riguardo il programma di acquisto di titoli di stato Pepp o immediatamente dopo la sua scadenza. C’è anche molta attesa per avere ulteriori dettagli sulla revisione del target inflazionistico decisa nelle scorse settimana. Ne abbiamo parlato con Sergio CesarattoProfessore di Politica monetaria europea all’Università di Siena.



Professore, perché questa novità sul target inflazionistico è così importante?

I Trattati europei assegnano alla Bce il mandato della stabilità dei prezzi, e solo in subordine quello di sostenere occupazione e crescita. Nel 2002 la banca interpretò il mandato dandosi l’obiettivo di un tasso di inflazione sotto ma vicino al 2%, un obiettivo asimmetrico dunque: si può sconfinare sotto al 2% ma mai sopra. Ora con la revisione che la Bce ha effettuato della sua strategia monetaria l’obiettivo diventa quello del 2% secco. In tal modo la Banca ha inteso comunicare che essa considera altrettanto deprecabili sconfinamenti verso l’alto e verso il basso. A scanso di equivoci, la Banca ha anche puntualizzato che sconfinamenti verso l’alto sono tollerabili se corrispondenti a periodi di uscita da una crisi. 



Tutto questo cosa può voler dire per l’Italia?

L’Italia ha molto da temere da un aumento dei tassi di interesse se il tasso di inflazione oltrepassa il 2%. Con un rapporto debito/Pil al 160%, un aumento dei tassi lo renderebbe insostenibile. Quindi la tolleranza della Bce verso l’inflazione è benvenuta. La Bce ha già in pancia una quota cospicua del debito italiano, che fondamentalmente lì può rimanere. Sarebbe opportuno che un’altra quota fosse europeizzata trasferendola, per esempio, a quel carrozzone vuoto che è il Mes, trasformato così in agenzia che rifinanzia i debiti emettendo eurobond. 



Con questa nuova linea la Bce ammette implicitamente che andiamo incontro a un aumento dell’inflazione non accompagnato da una robusta crescita dell’economia o peggio ancora al rischio stagflazione?

Un aumento dell’inflazione potrebbe essere dovuto a un rialzo dei prezzi nei servizi che hanno pagato di più la crisi, ma solo se la ripresa della domanda fosse robusta – cosa che forse non sarà visti i timori sul fronte dell’epidemia (aggravati dai comportamenti deprecabili di alcuni politici e concittadini). Comunque la garanzia che la Bce non fomenterebbe una nuova deflazione al primo accenno di ripresa dei prezzi è una buona notizia. 

Secondo lei, questa nuova linea trova d’accordo tutte le anime della Bce (falchi e colombe) oppure Lagarde ha acquisito una leadership che, un po’ come Draghi nel 2012, le consente di “imporre” una propria visione?

Non credo che la Presidente della Bce abbia grandi competenze tecniche in politica monetaria, però è francese e quindi sposa una linea flessibile. Credo che sulle scelte abbiano pesato di più le competenze della Banca di Francia, di Bankitalia e della Banca di Spagna. Anche il membro tedesco nel board esecutivo, Isabel Schnabel, si è mostrata abbastanza aperta. D’altronde in Bce si sa bene che un rialzo dei tassi minerebbe la sostenibilità del debito italiano. 

In un articolo pubblicato su Micromega lei ha evidenziato che con questa mossa la Bce va contro la filosofia che guidò il Trattato di Maastricht. Può spiegarci meglio questo passaggio? 

Il Trattato di Maastricht sanciva che la politica monetaria aveva come obiettivo prioritario la stabilità dei prezzi; che la politica fiscale doveva puntare al pareggio di bilancio, rimanendo nazionale; che di occupazione e crescita si dovevano occupare i singoli Paesi con le riforme del mercato del lavoro. In Bce si sa che occupazione e crescita sono un problema europeo e non nazionale, e che le politiche monetaria e fiscale devono cooperare per raggiungere questi obiettivi. La nuova strategia Bce supera anche le volgarità dell’economia bocconiana per cui la politica monetaria non ha effetti reali nel lungo periodo, cioè su crescita e occupazione. Purtroppo temo che questa sciocchezza sia ancora impartita nelle facoltà di economia.

La Bce con questo cambiamento si avvicina all’operatività della Fed? Quanto ancora le resta lontana?

La Fed è una componente di un’unione monetaria sostenibile, in cui la politica monetaria, pur avendo una dose di autonomia, è però fondamentalmente al servizio della politica fiscale. La Fed, a differenza della Bce, ha anche occupazione e crescita come obiettivi primari. Nella sua revisione della strategia monetaria la Bce ha sostenuto che nell’eurozona politica monetaria e fiscale devono cooperare, sono ambedue necessarie. Però questo non lo decide la Bce, ma richiede un ripensamento complessivo della governance economica europea. Queste sono decisioni politiche.

Dopo questa mossa della Bce possiamo nutrire qualche speranza su un cambiamento positivo delle regole del Patto di stabilità e crescita? Oppure dobbiamo aspettarci che la Bce sia comunque sempre più “solidale” dell’Ue nonostante il Recovery fund?

Vedremo. Se non è folle l’Europa qualcosa dovrà fare per assicurare stabilità, occupazione e crescita, come forme di europeizzazione del debito pregresso e del nuovo debito per investimenti. Certo se il futuro cancelliere tedesco è uno che sghignazza alle spalle di un contrito Presidente tedesco che piange le vittime dell’alluvione, ahinoi! Che in Bce ci sia un po’ di gente pensante è una buona notizia. Posso aggiungere una cosa?

Prego.

Non ho parlato, e onestamente neppure approfondito, del ruolo che la Bce si è data sul tema della riconversione ambientale. Lodevole questo impegno, ma qui il problema è un ripensamento dell’intero modello di sviluppo. Purtroppo l’ignoranza che di fronte al Covid vediamo in alcuni politici (inutile fare i nomi) e in molti cittadini depone male. Essi confondono la libertà col fare ciò che ci pare. La libertà è altro, è rispetto per il prossimo e per l’ambiente. Sul fronte ambientale ci attende una tragedia ben peggiore dell’epidemia, e con dei costi e sacrifici enormi se vuole essere attenuata. Vorrei che i lettori ci riflettessero.

(Lorenzo Torrisi)

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