Allo stesso modo dei novax che non credono nell’efficacia dei vaccini, e ne ingigantiscono i possibili effetti collaterali, e allo stesso modo dei negazionisti dei cambiamenti climatici, il board della Bce appare di fatto come un negazionista della discesa e quasi scomparsa dell’inflazione nei Paesi che adottano l’euro. Ciò nonostante nella riunione di ieri ha comunque ridotto di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento. In conseguenza il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali, che il più importante perché è quello che si applica alla gran parte, se non quasi totalità, dei prestiti della banca centrale verso le banche ordinarie scende al 3,40% dal precedente 3,65%, tasso al quale era stato abbassato nella precedente decisione adottata dalla Bce lo scorso settembre.



Ricordiamo che la Bce aveva iniziato la sua politica di aumento dei tassi nel luglio 2022, molto in ritardo rispetto all’esplodere del fenomeno inflattivo, e l’aveva proseguita senza ripensamenti sino a raggiungere il 4,5% nell’autunno dello scorso anno. Il tasso principale era poi rimasto su tale livello fino al primo timido taglio, di un quarto di punto, avvenuto lo scorso maggio. Da maggio a ora, la riduzione complessiva, avvenuta in tre tappe è stata pertanto di 1,1 punti percentuali (0,25 in maggio, 0,60 in settembre e ancora 0,25 ora).



Ma di quanto si è ridotta l’inflazione nel frattempo? Vediamolo nel grafico seguente nel quale il tasso tendenziale, dunque l’incremento percentuale dell’indice dei prezzi calcolato su 12 mesi, è riportato sia per l’euro area che per l’Italia. L’indice è quello armonizzato dei prezzi al consumo di fonte Eurostat, che non usiamo di solito esaminando l’inflazione italiana in quanto presenta diversi difetti, di cui il principale è certamente quello di non destagionalizzare i saldi stagionali…

Grafico 1 – Tassi tendenziali d’inflazione in Italia ed Euro area



Nel grafico vediamo diverse cose interessanti:

– il tendenziale Euro area è disceso sotto il valore obiettivo Bce del 2% solo in settembre, attestandosi all’1,7%;

– tuttavia già dall’autunno 2023, dunque un anno fa, esso è stabilmente risultato di pochi decimali sopra il 2%;

– dall’estate 2023 a oggi, l’inflazione al consumo si è ridotta di tre punti percentuali e mezzo, il tasso Bce solo di 1,1 punto, pertanto il tasso in termini reali si è accresciuto di ben 2,4 punti;

– vediamo inoltre l’ottimo dato italiano il quale da ottobre 2023 si è sempre attestato sotto il valore obiettivo del 2% e quasi sempre sotto l’1% (allo 0,7% in settembre).

Ma andiamo ancora più indietro nel tempo, perché il grafico ci rivela altre informazioni di grande interesse. Vediamo infatti che il tendenziale europeo è aumentato, nella fase acuta dell’inflazione, fino a ottobre 2022, raggiungendo in quel mese il picco del 10,6%. Tuttavia, già nei mesi seguenti il tendenziale si è ridotto, e anche a una certa velocità. Ma ogni gradino di riduzione è reso possibile da un aumento mensile dei prezzi minore di quello dello stesso mese dell’anno prima, segnalando in questo modo una riduzione della velocità di crescita. Ovviamente, poiché il tendenziale tiene conto di 12 mesi consecutivi, per registrare tutta la riduzione di velocità da quando essa prende avvio deve passare un anno intero. Ed è infatti solo a ottobre 2023 che la vediamo integralmente, con un tendenziale che precipita al 2,9%, quasi otto punti in meno rispetto a 12 mesi prima.

In sintesi:

– l’inflazione in Europa ha iniziato a scendere dopo ottobre 2022, ma la Bce, usando il tasso tendenziale, se ne è accorta solo un anno dopo;

– e pur essendosene accorta ha rifiutato di crederci per quasi un altro anno…

Ma in realtà non se ne è del tutto convinta neppure ora, come si può evincere dalla lettura del comunicato stampa di ieri:

“Le ultime informazioni sull’inflazione indicano che il processo disinflazionistico è ben avviato. Le prospettive di inflazione sono inoltre influenzate dalle recenti sorprese al ribasso degli indicatori dell’attività economia. Nel contempo, le condizioni di finanziamento rimangono restrittive. Ci si attende che l’inflazione aumenti nei prossimi mesi, per poi diminuire e raggiungere l’obiettivo nel corso del prossimo anno. L’inflazione interna resta elevata, in quanto i salari continuano a crescere a un ritmo sostenuto. Al tempo stesso, le pressioni sul costo del lavoro dovrebbero continuare ad attenuarsi gradualmente, in un contesto in cui i profitti ne mitigano parzialmente l’impatto sull’inflazione. Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione al suo obiettivo del 2% a medio termine. Manterrà i tassi di riferimento su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario a conseguire questo fine”.

Bisogna riconoscere che ci siamo sbagliati in passato paragonando la Bce a San Tommaso. Perché San Tommaso accettava l’evidenza, la Bce evidentemente no…

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