Il 12 dicembre scorso si è tenuta a Francoforte l’ultima riunione del 2024 della Bce nel corso della quale il Consiglio direttivo ha annunciato un nuovo taglio del costo del denaro di 25 punti base portando così i tassi dal 3,25% al 3%. Si tratta del terzo taglio consecutivo che segue quelli comunicati nel corso delle riunioni di settembre e ottobre scorsi e il quarto complessivo del 2024.
Nonostante le ultime stime di novembre evidenzino come l’inflazione sia salita al 2,3% rispetto al 2,0% di ottobre, il processo di disinflazione sembra ben avviato: la previsione per il 2024 è che il carovita si attesti in media al 2,4% e che il calo prosegua nel 2025 (al 2,1%) e nel 2026 (all’1,9%).
Nel breve periodo l’inflazione continuerà comunque a fluttuare intorno ai valori attuali (poiché i forti cali dei prezzi dell’energia sono stati già scontati nei mesi precedenti), per poi stabilizzarsi intorno all’obiettivo del 2%. Questo processo dovrebbe essere favorito dall’allentamento delle pressioni sul costo del lavoro e dall’impatto della passata politica monetaria restrittiva adottata dalla Bce nonostante il mercato del lavoro rimanga resiliente con l’occupazione che è cresciuta dello 0,2% nel terzo trimestre e con il tasso di disoccupazione rimasto al minimo storico del 6,3% nel mese di ottobre. L’incremento delle retribuzioni è invece rallentato evidenziando una crescita del 4,4% nel terzo trimestre rispetto al 4,7% del secondo trimestre.
Persistono comunque ancora rischi per la crescita economica: le possibili frizioni nel commercio mondiale potrebbero pesare sull’area euro, frenando le esportazioni e indebolendo l’economia globale. In aggiunta, il calo della fiducia potrebbe impedire ai consumi e agli investimenti di riprendersi con la rapidità prevista e questo potrebbe essere amplificato dai rischi geopolitici, come il perdurare della guerra tra Russia e Ucraina e il conflitto in Medio Oriente. Non ultimo anche il rischio di introduzione di dazi negli Stati Uniti come promesso da Donald Trump durante la campagna elettorale che potrebbe avere serie ripercussioni sulla crescita e sul mercato globale.
Nel discorso tenuto alla Conferenza economica annuale della Banca di Lituania sul tema “Pillars of Resilience Amid Global Geopolitical Shifts”, tenutasi lunedì scorso in occasione del decimo anniversario dell’introduzione dell’euro a Vilnius, la Presidente Cristine Lagarde ha inoltre ricordato i tre cambiamenti che hanno aumentato la fiducia della Bce rispetto a un processo disinflazionistico indirizzato verso l’obiettivo del 2%.
Il primo è quello relativo al percorso seguito dall’inflazione, che è stato caratterizzato fino a settembre 2023 da un’elevata incertezza e da dati in rialzo per poi virare verso una diminuzione.
Il secondo ha riguardato gli shock inflazionistici che la Bce ha dovuto affrontare e che si sono trasmessi all’economia reale. Tuttavia, la crescita delle retribuzioni è in diminuzione come anche rilevato dall’indicatore salariale della Bce, che rileva gli accordi salariali in sette Paesi dell’area dell’euro che rappresentano circa l’85% di quelli totali, prevedendo un rallentamento della crescita degli stipendi dal 4,8% di quest’anno a circa il 3% nel 2025, percentuale coerente con l’obiettivo della Bce.
Il terzo cambiamento ha riguardato i rischi per l’inflazione il cui recente rallentamento è stato guidato soprattutto dalla citata inflazione energetica, particolarmente volatile, e dai beni industriali; dall’altra parte il processo di aggiustamento dell’inflazione dei servizi, che si muove più lentamente, non è ancora terminato. Tuttavia, con l’attenuarsi degli shock passati, i rischi per l’inflazione sono cambiati e sono ora legati più a potenziali shock futuri che alla trasmissione di quelli passati come l’aumento dell’incertezza sulla crescita innescato dagli eventi geopolitici che potrebbero far aumentare i prezzi dell’energia e i costi di trasporto nel breve periodo, mentre eventi climatici estremi potrebbero far salire i prezzi dei prodotti alimentari.
Per quanto riguarda l’orientamento futuro della Bce, la Lagarde ha ricordato come sia stata precisata in passato la volontà di mantenere i tassi di interesse sufficientemente restrittivi finché necessario in un contesto di elevata inflazione e di forte incertezza futura, ma le aspettative per il 2025 sono di un ulteriore allentamento della stretta monetaria passando da una politica “sufficientemente restrittiva”, a una “appropriata” che sarà comunque valutata sulla base degli eventi geopolitici e dei dati macroeconomici.
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