«Così il falco dà retta al falconiere». Pur riportando una citazione tratta del celebre e più volte menzionato film Wall Street questa volta non faremo un diretto rimando a Gordon Gekko & Co., bensì, accosteremo questo forzato richiamo ai cosiddetti falchi di Francoforte senza, ovviamente, alcun discrimino alle eventuali contrapposte colombe. Appartenenti alla prima categoria c’è sicuramente Isabel Schnabel che, in qualità di membro del comitato esecutivo della Bce, ha più volte esternato le sue convinzioni nel voler preferire l’attuazione di una politica monetaria maggiormente restrittiva.
Il “falco”, nel corso delle ultime ore sembra, però, aver mutato la propria indole: «Quando i fatti cambiano, io cambio opinione». Questo il testuale di una considerazione estratta da un’intervista rilasciata a Reuters e pubblicata sul sito della Bce. Nello specifico, Isabel Schnabel ha esternato la sua «piacevole sorpresa» a seguito della recente pubblicazione dei dati sull’inflazione dell’Eurozona aggiungendo, inoltre, come i mercati siano orientati a una potenziale riduzione dei tassi di interesse: «Sono fiduciosi che l’inflazione scenderà rapidamente e pertanto stanno scontando tagli anticipati e molto consistenti dei tassi per il prossimo anno. Le banche centrali – prosegue Schnabel – sono più caute, e direi che devono essere più caute» (Ansa).
Evocando questa cautela, di fatto, l’ormai “ex falco” ritorna a incarnare le sue precedenti vesti dichiarando come «Rimaniamo dipendenti dai dati e dobbiamo vedere cosa succederà. Siamo stati sorpresi molte volte in entrambe le direzioni. Quindi, dobbiamo stare attenti nel fare dichiarazioni su qualcosa che accadrà tra sei mesi». Tutto sommato, questo ulteriore senso di responsabilità nel “saper (meglio) comunicare”, conferma quanto già a settembre la stessa Presidente Christine Lagarde aveva ricordato e, pertanto, ci troviamo di fronte a un verosimile allineamento rispetto alla condotta della Bce.
A questo punto l’interrogativo sorge spontaneo: ci sarà un taglio nella prima parte del 2024? Il detto e non detto del falco (ingabbiato) Schnabel non aiuta, ma, oggettivamente, il membro del comitato esecutivo della Bce ha comunque rilevato quello che per noi è rilevante ovvero: il mercato e il suo attuale intento.
Per poter arrivare alla considerazione finale (rappresentata dai numeri) di Mr Market è importante fare un passo indietro e sottolineare quello che il Bollettino della Bce evidenziava sull’inflazione: «La maggior parte degli indicatori delle aspettative di inflazione a più lungo termine nell’area dell’euro desunti dalle indagini è rimasta più o meno invariata, a circa il 2 per cento, mentre le misure di compensazione dell’inflazione ricavate dai mercati hanno subito un lieve calo, in confronto ai livelli elevati osservati nel corso dell’estate. In base all’indagine della Bce effettuata presso i previsori professionali (Survey of Professional Forecasters, SPF) per il quarto trimestre del 2023, le aspettative medie e mediane di inflazione a più lungo termine (per il 2028) si sono mantenute stabili al 2,1 e 2,0 per cento, rispettivamente. Le aspettative di inflazione a più lungo termine si sono collocate al 2,1 per cento anche nell’indagine di ottobre 2023 di Consensus Economics».
Da tutto questo, il costoso fardello rappresentato dall’inflazione (futura), potremmo considerarlo un dossier seppur ancora aperto, ma, per il momento, incardinato su di una tratta ben augurante. E a tale auspicio, oggi, il mercato sembra essere convinto.
A concretizzare questo augurio ci viene in aiuto una semplice e diretta osservazione che, interrogata in chiave prospettica, conferma attraverso “i numeri” l’eventuale futuro. Sia ben chiaro: non è nulla di fantasmagorico e non si tratta neppure di una insensata profezia, ma, “solamente” quanto il mercato si aspetta in ottica di andamento dei tassi di interessi. Questa bussola è rappresentata dall’andamento della curva forward sull’indice Euribor a tre mesi che attualmente si trova a quota 3,95%.
Scorrendo in avanti i mesi che verranno si può riscontrare un significativo e drastico ridimensionamento dei valori con, già il prossimo agosto, un assestamento in area 3,00%. Per poter assistere al minimo attualmente stimato (2,27%) bisognerà, però, attendere il lontano settembre 2025 che, se contestualizzato alle precedenti rilevazioni del Bollettino Bce, trova un’effettiva coerenza tra le parole scritte e i numeri quotati.
Appare banale ricordare come questo intero scenario non tenga conto di eventuali shock al pari di ogni altra potenziale incognita cui, inevitabilmente, le attuali aspettative non fanno riferimento. Nonostante quest’ultimo obbligato (e forse inutile) disclaimer, guardando al futuro e ancor più all’immediato brevissimo termine l’importanza di queste indicazioni ci sembrano evidenti.
Se ciò venisse rispettato (almeno nei prossimi 18 mesi) sarebbero numerose le porte aperte che attualmente risultano chiuse. Vivremo un cambio di paradigma che, se ancora troppo costoso, potrebbe fin da subito alimentare una spirale positiva. Per contro, sono chiari gli scenari (negativi) che tutto questo alimenterebbe, ma, oggi, volutamente, ci limitiamo al solo aspetto positivo. Al pari di coloro che osservano la natura tra falchi e colombe.
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