Eurostat ha confermato che l’inflazione nell’Eurozona a giugno è scesa al +5,5% annuo dal +6,4% di maggio. Tuttavia, rispetto alla stima iniziale, è stata rivista al rialzo l’inflazione core, dal +5,4% al +5,5%, quando il mese precedente si era attesta al +5,3%. Un dato che, come spiega Domenico Lombardi, economista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, ora Direttore del Policy Observatory della Luiss, desta qualche preoccupazione in vista della riunione del Consiglio direttivo della Bce in programma giovedì prossimo: «L’indice generale dei prezzi si conferma in discesa anche nel mese di giugno, in linea con la dinamica osservata nei mesi scorsi. Tuttavia, l’attenzione continua a concentrarsi attorno al dato di inflazione core che si sta rivelando particolarmente persistente. Questo non agevola chi vorrebbe evitare ulteriori aumenti dei tassi di intervento, né chi si augura una loro discesa in tempi relativamente brevi».
>Il Governatore della Banca d’Olanda, Klaas Knot, ha detto che un rialzo dei tassi nella riunione di settembre della Bce “non è una certezza”. Come vanno accolte queste parole: sono un segnale di apertura da parte dei falchi?
Effettivamente è un’indicazione importante che sottintende di essere giunti in prossimità del tasso terminale. D’altro canto, gli alti tassi interesse stanno dispiegando appieno i loro effetti attraverso una riduzione della domanda aggregata. Nell’Eurozona la crescita è piatta e la sua economia più grande, quella tedesca, tecnicamente in recessione. Inoltre, l’andamento del costo del lavoro mostra che non siamo in presenza, almeno sinora, di una spirale prezzi-salari. A livello internazionale, poi, stiamo osservando un calo nella produzione manifatturiera che si accompagna a un ridimensionamento dei flussi di commercio.
La discesa dell’indice generale si deve alla discesa dei prezzi dei beni energetici. Come è stato ricordato dal Sole 24 Ore, però, ora l’Europa è dipendente dal Gnl che “costa caro e non ci mette al sicuro”. C’è, quindi, il rischio che l’inflazione risalga magari nei mesi invernali?
La recente dinamica dell’indice generale è sospinta dalla contrazione dei prezzi dell’energia dai livelli anomali registrati sino all’anno scorso. Tuttavia, le cause sottostanti non sono state, a oggi, risolte. Il conflitto in Ucraina persiste, né si intravedono prospettive di stabilizzazione a breve. La possibilità di una re-escalation dei prezzi non è da escludere e il Gnl, peraltro, richiede un’infrastruttura dedicata e costosa, anche nell’approvvigionamento della materia prima. Lo scorso inverno, poi, Madre Natura ha fornito una mano con temperature relativamente miti. Vedremo come sarà il prossimo.
Dai dati Eurostat emerge una fortissima eterogeneità nell’andamento dell’inflazione nei singoli Paesi membri dell’Eurozona: si va dal +1% del Lussemburgo (ma c’è anche il +1,6% della Spagna) al 11,3% della Slovacchia. Questo pone ulteriori problemi alla Bce? Di che tipo e come affrontarli?
La disinflazione all’interno dell’Eurozona è piuttosto eterogenea mostrando, da un lato, la strutturale diversità delle economie che la compongono. Ma, dall’altro, rivela anche il limite di affidare unicamente alla politica monetaria l’obiettivo di disinflazionare l’area monetaria. Occorrerebbe affiancarla con investimenti, politiche di deregolamentazione e di espansione dell’offerta aggregata nei Paesi dove l’inflazione è più persistente.
Domenica si vota in Spagna<, Paese dove appunto l’inflazione è già sotto il 2%. C’è il rischio che le politiche della Bce influenzino indirettamente il voto?
È chiaro che in Spagna la restrizione monetaria è sovradimensionata rispetto alla media dell’Eurozona. Mi pare, tuttavia, che la campagna si concentri su temi più identitari rispetto alla semplice dialettica verso le istituzioni europee. Peraltro, dall’esito di queste elezioni si potranno meglio tratteggiare i rapporti di forza fra conservatori, popolari e socialisti – le tre grandi anime della politica europea – nella formulazione dei nuovi equilibri a livello dell’Ue, che verranno sanciti nelle elezioni europee previste il prossimo anno.
Come affrontare le conseguenze di nuovi rialzi dei tassi in Italia, sia sul fronte dei conti pubblici che dei prestiti bancari e dei mutui?
La questione è rilevante per quelle famiglie che si sono viste aumentare significativamente le rate – in sostanza, quelle affidate con un tasso variabile che sono circa un quarto dei beneficiari di mutuo. Va detto, peraltro, che la velocità e l’entità del rialzo dei tassi è senza precedenti. Stanno già emergendo i primi segnali di allarme che mostrano i crediti deteriorati in crescita, sebbene su livelli del tutto fisiologici per il sistema. Non si tratta di fare regali a nessuno, ma mostrare pragmaticità, consentendo uno switch a un tasso fisso oppure, sempre per chi lo volesse, un prolungamento nella vita residua del mutuo mantenendo costante la rata. Credo che ci siano tutte le condizioni per risolvere celermente la questione. Il ministro Giorgetti è più volte intervenuto sul tema sottolineandone la criticità.
(Lorenzo Torrisi)
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