La riunione del Consiglio direttivo della Bce di oggi appare molto importante per due aspetti. Il primo riguarda l’entità del rialzo dei tassi già annunciato nei mesi scorsi, che potrebbe essere dello 0,5% anziché dello 0,25%. Il secondo ha a che fare con il famoso scudo anti-spread, di cui non si conoscono ancora tempi e modalità di funzionamento. Abbiamo fatto il punto con Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Professore, se il rialzo dei tassi fosse di mezzo punto sarebbe un problema per l’Italia?
Sicuramente potrebbe dare respiro alle banche e aumentare la potenzialità di credito. Non dobbiamo poi dimenticare che siamo ancora in regime di Next Generation Eu, che, se utilizzato in modo appropriato, può controbilanciare una manovra di politica monetaria che di certo non è espansiva. Tutto questo ha ovviamente delle conseguenze politiche.
Quali?
Il Ngeu è stato subordinato ad alcuni grandi obiettivi, che in Italia sono stati declinati nel Pnrr approvato dal Parlamento. Questo programma va quindi realizzato.
Se il rialzo dei tassi fosse di mezzo punto, potrebbe essere di tale entità anche quello già annunciato per settembre e forse quelli eventualmente successivi. Non sarebbe un ritmo eccessivo rispetto alla situazione europea, visto anche che si va incontro a un inverno incerto dal punto di vista energetico, e quindi produttivo?
La settimana prossima si riunirà il Fomc della Fed e si ipotizza che possa rialzare i tassi di un punto percentuale anziché dello 0,75%. È possibile, quindi, che anche in Europa si segua una strada analoga. Probabilmente la Bce è in una situazione in cui deve cercare di ritornare a condizioni di “normalità”, che le consentirebbero di poter gestire la politica monetaria attraverso i tassi di interesse. Detto in altro modo, se i tassi vengono portati in un range compatibile con la crescita, l’Eurotower può tornare a manovre di politica monetaria basate sui tassi di interesse e, implicitamente, sui tassi di cambio.
I tassi di cambio sono così importanti?
Ci sono due fattori fondamentali oggi di cui occorre tenere conto e che sono scarsamente governabili. Il primo riguarda le fonti di energia, cioè il petrolio e gas, che fintanto che l’euro è in discesa ci vengono a costare di di più. Il secondo è rappresentato dal settore primario, l’agricoltura, che viene impattato in modo aperto dalla crisi, dalla guerra. Su questi due fronti dobbiamo essere cauti e attenti, perché esiste la necessità di dare certezze sul futuro prossimo, con ciò intendendo il prossimo inverno. Come Italia su questi due fronti siamo in condizioni meno sfavorevoli rispetto ad altri Paesi europei, come la Germania, ma non troppo favorevoli.
Per l’Italia la riunione del Consiglio direttivo è importante anche e soprattutto per quel che riguarda lo scudo anti-spread…
Anche questo tema è collegato al tasso di cambio, perché implicitamente lo spread ci indica che sui mercati finanziari i capitali lasciano l’Europa diretti verso gli Stati Uniti, rafforzando quindi il dollaro rispetto alla moneta unica. Diventa quindi fondamentale il rafforzamento dell’euro, quantomeno per tornare a quota 1,10. Per fare questo abbiamo bisogno di intervenire avendo la consapevolezza che petrolio, gas e beni alimentari, come detto, sono l’elemento fondamentale, non a caso al centro del conflitto economico in corso. La partita principale sull’energia riguarda in primo luogo Germania e Russia. Se questa situazione si stabilizzasse, l’Italia avrebbe il tempo di intervenire con gli strumenti che ha a disposizione, vale a dire il Pnrr, che comprende la transizione energetica.
Quello che sta dicendo significa che la soluzione al problema dello spread non sta tanto nelle scelte della Bce, ma in quello che decide di fare l’Europa a livello politico?
Direi proprio di sì, perché mi sembra che i movimenti dei capitali più che a livelli dei tassi siano collegati alla dimensione economico-militare delle grandi potenze. Agli occhi di un investitore oggi gli Stati Uniti appaiono indubbiamente più robusti. A questo punto l’Europa ha necessità di realizzare al meglio il Next generation Eu, perché solo in questo modo si può contribuire a rendere l’euro non più l’espressione di un’entità geografica, ma di una forza economica. Sullo scudo anti-spread val la pena comunque rare un’annotazione.
Quale?
Che alla fin fine non riguarda solo l’Italia, ma anche la Francia, vista la situazione dei suoi conti pubblici. La Germania al momento non ne ha bisogno, ma anche per lei la situazione rischia di diventare critica, sia sul piano politico che economico. Abbiamo già visto cos’è successo dopo più di 30 anni al suo surplus commerciale.
(Lorenzo Torrisi)
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