La Bce ha alzato i tassi di interesse al 4% e si appresta ad aumentarli ancora alla fine di luglio. La stretta dell’Eurotower non sembra aver ancora grandi effetti sull’inflazione, che a maggio è stata pari al 6,1% nell’Eurozona e che, secondo le stesse previsioni di Francoforte, si attesterà al 2,2% nel 2025, ancora sopra, quindi, al target del 2%.
Non si prospettano mesi facili per l’economia e per i redditi reali degli italiani, che pure, come ha fatto sapere l’Istat la scorsa settimana, sono cresciuti dopo la crisi dovuta al Covid. «È vero che sono aumentati – è il commento di Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano -, ma è altrettanto vero che i dati dell’Istat si riferiscono al 2021, anno in cui il Pil è salito del 6,7%. Mi sarei, quindi, aspettato dei valori più consistenti per quel che riguarda i redditi delle famiglie».
Grazie alla crescita dell’economia, dell’occupazione e dei redditi, ha segnalato l’Istat, nel 2022 c’è stata una “decisa riduzione” della popolazione che si trova in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale: 4,5% contro il 5,9% del 2021.
Sì, per quel che riguarda le situazioni più estreme c’è stato un miglioramento. Tuttavia, la popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale, sempre secondo l’Istat, è rimasta “pressoché stabile”: dal 25,2% del 2021 si è passati al 24,4% del 2022. Il mio timore è che questi dati vengano valutati con un eccessivo ottimismo. Per esempio, se guardiamo più approfonditamente quelli sul reddito familiare netto da lavoro dipendente possiamo notare che nel 2021 c’è stato sì un aumento rispetto al 2020, ma restano sotto ai livelli del 2003.
L’Istat, in tal senso, segnala che “la contrazione complessiva dei redditi familiari rispetto al 2007, anno che precede la prima crisi economica del nuovo millennio, resta ancora notevole, con una perdita in termini reali pari in media al 5,3%”. Considerando l’inflazione che si è registrata a partire dall’anno scorso, la situazione non deve essere migliorata…
Esatto. Il nodo centrale è che i redditi non sono particolarmente elevati e ci sono divari molto ampi tra italiani e stranieri. Un’altra cosa che colpisce è che l’area dove nel 2021 la disuguaglianza è stata più alta è il Mezzogiorno, dove, secondo l’Istat, “il 20% più abbiente della popolazione ha un reddito pari a 4,6 volte quello della fascia più povera”. Tutto questo ci dice che il lavoro è l’elemento che fa davvero la differenza, perché i sussidi, come si vede al Sud e Isole, dove i redditi in termini reali sono persino diminuiti dell’1,7%, non bastano. In questo il Reddito di cittadinanza non ha funzionato.
C’è quindi indicazione importante rispetto alla riforma del Reddito di cittadinanza: occorre migliorare la parte di inserimento al lavoro dei beneficiari.
Sì. Recentemente sono stato a Napoli e sono rimasto colpito dalla capacità di organizzazione della città. Credo sia un segno che è possibile fare qualcosa in questa direzione.
Considerando la persistenza dell’inflazione, i salari che rimangano al palo e gli effetti recessivi della stretta della Bce, le cose non sembrano mettersi bene…
L’industria italiana comincia a far fatica, anche per via della frenata tedesca. Il quadro in questi ultimi anni è cambiato e credo che quello che ha fatto la Bce rappresenti un errore.
Secondo la Bce, le condizioni di finanziamento più restrittive, generate dal rialzo dei tassi, “sono una ragione fondamentale per la quale l’inflazione dovrebbe ridursi ulteriormente verso l’obiettivo, poiché ci si attende che queste frenino in misura crescente la domanda”.
La Bce sta praticamente dicendo che occorre congelare i salari. Rischiamo, quindi, una stagione di scioperi, soprattutto in alcune aeree, perché l’inflazione morde.
Intende aree geografiche o aree settoriali produttive?
Entrambe. Ci sono aziende che hanno realizzato grandi profitti e hanno certamente i margini per poter alzare i salari. Alcune cercano in questo modo di recuperare le perdite del passato, ma si tratta di un calcolo pericoloso, perché se fatto in modo sistemico può causare il crollo della domanda interna su cui si regge l’economia. Ci sono, inoltre, aree geografiche, principalmente le grandi città, non solo Milano, dove è impossibile, se si ha famiglia, permettersi una casa.
La stretta della Bce sembra oltretutto non consentire di raggiungere l’obiettivo di riduzione dell’inflazione al target del 2%.
A Francoforte stanno tirando violentemente il freno a mano e finora le loro manovre non hanno avuto grosse conseguenze perché non c’è traccia di spirale prezzi-salari. Ma non può andare avanti così, dovranno capire che è bene che si fermino per evitare danni seri.
(Lorenzo Torrisi)
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