“Narratore innamorato delle parole e capace di prodigiose innovazioni, attirato irresistibilmente dai processi rivoluzionari purché liberi e mutevoli e non rigidi”, cosi è solito definirsi Francesco Bearzatti. Come non ricordare album entrati di diritto fra i classici del jazz italiano a partire da quello ispirato a Tina Modotti (SUITE FOR TINA MODOTTI del 2008), X SUITE FOR MALCOLM del 2010, MONK’N’ROLL uscito nel 2013 e grande successo in Francia.  THIS MACHINE KILLS FASCISTS (2015) e ZORRO (2020)  entrambi realizzati con il Tinissima 4et.



Con questo nuovo progetto ho voluto chiudere un cerchio molto importante per me, cominciato nel lontano 2005 con la pubblicazione di tre pezzi dei Led Zeppelin uniti a mo’ di suite. Terminare un intero lavoro sulla musica degli ZEP e poterlo portare in tour era una cosa che avevo in mente da anni e sono felice di esserci finalmente riuscito. Mettere il distorsore sul sax e sentirsi contemporaneamente Page e Plant non ha eguali per me che sono cresciuto con questa musica. Con la libertà dell’improvvisazione sono in grado di rimaneggiare il repertorio dei Led Zeppelin in totale libertà e grazie all’apporto di musicisti meravigliosi come Gallo e Tamborrino la sensazione di essere una rock band è reale” (Francesco Bearzatti).



Un lavoro intelligente, ed in parte inaspettato, questo POST ATOMIC ZEP dove Bearzatti fa confluire la passione giovanile per il rock coniugata alle sue passate esperienze con la musica elettronica.

Undici i brani proposti, nove tratti dal repertorio della leggendaria band inglese (Dazed And Confused , Black Dog , Starway To Heaven, Kashmir, Heartbreaker, Moby Dick, Going To California, Immigrant Song, Whole Lotta Love) oltre a due composizioni dello stesso Bearzatti (Intro To Heaven, Ode To JB).

Sicuramente un confronto impegnativo e non alla portata di tutti, trattandosi di pezzi entrati nella storia della musica rock. Il risultato è un disco ben riuscito, grazie all’approccio che i musicisti hanno mantenuto in termini di energia e sonorità, dispiegando tutta la loro bravura nelle improvvisazioni. Spazio a contaminazioni e trame etniche (Kashmir), impressionanti le distorsioni e le sonorità che escono dal sassofono di Bearzatti. Il sound che la band riesce a creare ci riporta ai tanti gruppi prog inglesi che, ad inizi anni settanta, infiammarono il panorama musicale. Non è un caso che al primo ascolto, accanto alla band del dirigibile, ci siano venuti in mente proprio i Colosseum di Jon Hiseman, nelle cui fila militava il fantastico sassofonista Dick Heckstall-Smith, capace di mandare in delirio il pubblico, suonando contemporaneamente due sassofoni. Questo il clima rassicurante ed intrigante che pervade l’album. Accanto a un incendiario Bearzatti (sax, clarinetto, xaphone e tastiere), i bravissimi Danilo Gallo (basso elettrico, stylophone, chitarra acustica e baritona), Stefano Tamborrino (batteria, Glockenspiel e chitarra), un ensemble che da tempo, riscuote grandi riscontri dal vivo. Operazioni come queste riescono quando accanto alla passione, vengono coniugate esperienze e abilità tecniche non comuni. Ottime le registrazioni curate da Stefano Amerio presso gli ArteSuono Recording Studio. Pubblicato per la Dokumenta Music di Udine, etichetta all’esordio.



Si consiglia “vivamente” a chi non ha la puzza sotto al naso e vuole ascoltare musica vera, vibrante.

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