Beatrice Venezi, direttore d’orchestra e tra i cento under 30 italiani più influenti secondo la rivista Forbes (2018), ha concesso una lunga intervista al quotidiano “La Verità”, nel corso della quale ha affrontato numerose tematiche d’attualità. La donna, direttore principale della Nuova Scarlatti di Napoli e dell’Orchestra sinfonica Milano classica, desidera essere chiamata “Maestro”, rigorosamente al maschile, in quanto “condivido il pragmatismo del Paese in cui mi trovo, per il quale ciò che si fa vale più del modo in cui si viene chiamati. Non condivido la declinazione forzatamente femminile dei ruoli, mi interessa di più battermi per la parità salariale e delle opportunità professionali”.
Secondo il giovane talento nostrano in Italia si percepisce una sorta di pregiudizio che apparentemente colpisce le donne che siedono in posti apicali, ma che, in realtà, “è una forma di avversità più vasta e sottile, che riguarda tutto ciò che mette in discussione posizioni acquisite, dal ricambio generazionale alla questione femminile”. A tal proposito, l’incontrovertibile bellezza di Beatrice Venezi ha sempre rappresentato un ostacolo alla sua carriera, in quanto si ritiene erroneamente che “una donna che voglia essere culturalmente credibile debba rinunciare alla cura del proprio aspetto. Nel mio settore la bellezza non aiuta, mentre in una cantante è ben vista. Quello del direttore è un ruolo di comando. In un leader bellezza e autorevolezza sono ritenute quasi incompatibili”.
BEATRICE VENEZI: “CRISTO SUI TACCHI A SPILLO MI HA DATO MOLTO FASTIDIO”
Beatrice Venezi a “La Verità” ha parlato anche del Coronavirus, manifestando l’auspicio che possa divenire una malattia endemica, così da consentire all’uomo di conviverci senza ulteriori lockdown, ma ha evidenziato che stiamo vivendo tutti noi un momento molto strano, in cui la fa da padrone “il rischio di credere in falsi miti, una faciloneria nel combattere battaglie di cui sappiamo poco. Ci appassioniamo a opinioni che ci vengono vendute in scatola. Trovo malata la tendenza a pensare di guadagnare un diritto nel momento in cui lo si toglie ad un altro. È un comportamento lontano dalla democrazia”.
Dopodiché, il direttore d’orchestra si è detta contraria ad alcune scene viste al Gay pride, nonostante l’omofobia non le appartenga e abbia alcuni amici con un orientamento sessuale diverso dal suo. Tuttavia, “la derisione della figura di Cristo da parte di un manifestante in minigonna e tacchi a spillo, da cristiana mi ha infastidito. Non sono nessuno per dare giudizi, mi chiedo se per affermare un proprio diritto ci sia bisogno di sbeffeggiare il credo di altre persone”. Un consiglio per il ministro della Cultura, Dario Franceschini? Venezi non nutre dubbi: bisogna credere nel ricambio generazionale, poiché nel nostro Paese ci sono tanti giovani talentuosi e competenti che non vedono l’ora di assumersi responsabilità.